La crisi che fa bene

Per uscire dalla crisi MARIO MAURO propone dei nuovi “Stati Uniti d'Europa” per una più forte convergenza su politiche della crescita e dei sistemi di welfare che sostengano la ripresa

«La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere “superato”». Da questa frase, di Albert Einstein del 1931 vorrei partire. Un auspicio che deve trasformarsi in un’immensa certezza.



Che crisi sta attraversando l’Europa? Sicuramente una crisi economica, con parecchi Stati che navigano a vista rischiando di naufragare se lasciati soli ad affrontare gli errori del passato e le storture di un sistema ancora troppo fragile. A una crisi sistemica si reagisce contribuendo a migliorare il sistema.

L’Unione europea come è oggi concepita e organizzata è inadeguata a provvedere le possibili soluzioni ed è allo stesso tempo ineluttabile come sola piattaforma politica in grado di mettere mano ai problemi. Bisogna passare dall’Unione europea agli Stati Uniti d’Europa e cioè dare nuova consistenza politica ai passaggi chiave della moneta e del mercato comune, ipotizzando più forte convergenza su politiche della crescita e dei sistemi di welfare che aiutino a sostenere la ripresa. 



Non è però solo un problema di soldi. La tragedia di Oslo, sebbene opera di un folle accecato dall’ideologia, ha permesso a tutti i cittadini europei di fermarsi e interrogarsi su quale sia la certezza dalla quale ripartire senza paura. Cosa può fare la politica? Molti sono concordi nel dire che la crisi è prima di tutto antropologica e che l’alternativa ai bisogni dell’uomo non è la politica. Questo non vuole dire che la politica non debba avere un ruolo, che non sia uno strumento a disposizione del desiderio dell’uomo. Chi fa politica deve essere capace di prendere sul serio il proprio desiderio, di prendere sul serio sé stesso.



Questo non significa aumentare a dismisura il proprio ego, ma capire il nesso che c’è tra le proprie azioni e il desiderio d’infinito. Il bisogno di moralità non nasce dal fatto che si è capaci di resistere alla corruzione, ma se si è capaci di capire che ogni azione deve rispondere al desiderio più vero del cuore dell’uomo. Ci sembrerebbe uno spreco, un peccato, non metterla in relazione con l’infinito.

La politica può essere quindi uno strumento di trasformazione del desiderio. Il bene comune non è la media degli interessi in gioco, ma è qualcosa di talmente buono e grande che tiene conto del desiderio di tutti. 

La rinascita dell’Europa non può essere opera delle istituzioni comunitarie o di una conferenza intergovernativa. L’Europa che dobbiamo avere in mente dev’essere al servizio della vita, delle passioni della gente, nelle quali le persone siano protagoniste attive del proprio destino e di quello dei propri figli.

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