La prima delle pagine culturali del Corriere della Sera di qualche tempo fa, faceva un po’ paura. Titolo: L’arte della noia. Sottotitolo: Manuale per sopravvivere alle pene di Ferragosto. Riquadro in alto: Alla ricerca di antidoti contro le ore vuote. A uno gli viene la tristezza prima ancora di cominciare. In pagina un lungo e colto articolo di Alessandro Piperno che, coerentemente coi titoli, ruota attorno al vuoto estivo, alle domeniche in cui non si sa cosa fare, alla noia che edonismo dei divertimenti e stakanovismo del lavoro non riescono a cancellare.
Ad un certo punto Piperno scrive: «Chissà che quando Dio inventò la domenica per riposarsi e per farci riposare, non abbia sbagliato i calcoli! Possibile che un tipo solerte come l’Onnipotente non abbia tenuto conto del fattore-noia?». Ma è proprio vero che riposarsi finisce per coincidere con l’annoiarsi? Credo sia così solo per chi pensa che l’unico orizzonte sia quello che può raggiungere coi propri pensieri o con la capacità della propria azione, per chi non si imbatte veramente mai con qualcosa di diverso da sé. Il Dio della Bibbia, invece, si è riposato perché voleva avere tutto il tempo, se così si può dire, per guardare quanto fosse bello il diverso da sé che era uscito dalle sue mani. Sant’Ambrogio ha un pensiero incredibile a riguardo; dice che Dio si riposa dolo dopo aver creato l’uomo. Come mai? Perché in tal modo aveva «trovato uno a cui perdonare», cioè un diverso così diverso che gli è andato contro; eppure, guardandolo, il Creatore riposa. Egli ha chiesto all’uomo – addirittura con un comandamento: Ricordati di santificare le feste – di riposare perché noi pure potessimo guardare fuori da noi stessi; guardare Lui, guardare quanto è bello ciò che Lui ha fatto e ciò che noi, col nostro lavoro, vi abbiamo aggiunto.
Più oltre Piperno scrive: «Non c’è grande ideale, passione politica, ambizione professionale, misticismo religioso che non siano stati subdolamente partoriti dal terrore di restare impantanati nella palude della noia». Non esageriamo! In vacanza ho visitato le due meravigliose abbazie cistercensi di Fossanova e Casamari e non sarà certo la frase buttata lì in un articolo ferragostano a convincermi che le migliaia di monaci che le hanno costruite, abitate e rese belle l’abbiano fatto solo perché altrimenti si sarebbero annoiati. Non se lo sonno inventati loro, per riempire un vuoto, l’ideale monastico, non hanno eccitato il loro «misticismo religioso» tanto per non restare impantanati nella noia. Hanno risposto, più o meno eroicamente, più o meno coraggiosamente, ad altro da sé, ad una chiamata.
L’antidoto alla noia non è l’incremento dell’attività ideale, religiosa, professionale, artistica e quant’altro; in questo modo non si esce dal cerchio soffocante e noioso del solipsismo. Bisogna che ci sia qualcosa o qualcuno che si impone alla nostra attenzione. E il mondo ne è pieno; tutto parla e risulta noioso solo per chi non sta a sentire.
Mi rendo conto che queste riflessioni possono apparire superate ora che la vita normale riprende e il presunto vuoto di Ferragosto è alle spalle. In realtà la noia può essere il sottofondo anche di giornate cariche di attività e di impegni. Ma chi ha capito da cosa dipende non si lascia fregare. Sa che basta sollevare gli occhi dal proprio ristretto buco. Avete mai visto un bambino piccolo annoiato?