«Cari amici, con Paolo oso esortarvi: rendete piena la mia gioia con l’essere saldamente uniti in Cristo». È in questa frase del saluto di Benedetto XVI alla Chiesa e al popolo tedesco che è contenuto il messaggio più profondo e più prospettico di questo grande viaggio.

Magistero ricchissimo e articolato quello di Papa Benedetto, che ha spaziato dai grandi problemi teologici a quelli socio-politici ed economici, come nel grande discorso al Bundestag. E che ha saputo farsi carico della necessità di un dialogo ecumenico e interreligioso, prendendo atto non solo del pluralismo che esiste in Germania, ma anche – accanto ad esso – dell’ateismo e dell’indifferenza religiosa così ampiamente diffusi.



Il Papa ha incontrato la Germania facendo emergere di fronte agli occhi e al cuore dei tedeschi l’avvenimento di Cristo, uomo nuovo e definitivo. In lui i tedeschi hanno visto il mistero di Cristo vivo e al tempo stesso l’uomo nuovo che scaturisce dalla morte e dalla risurrezione del Signore.

Il viaggio di Benedetto XVI ha smentito tutte le illazioni, le previsioni, le valutazioni di carattere mondano che agitano normalmente le menti degli operatori mediatici. Egli ha dato a tutta la Chiesa, e innanzitutto a noi vescovi, una grande lezione di metodo. Non è partito innanzitutto da un’analisi – di carattere sociologico, economico, politico, storico – quasi che solo dopo di essa si sappia finalmente come comunicare una proposta cristiana. Che differenza abissale c’è fra un discorso, carico di tutte le opzioni ideologiche, esplicite o implicite, che reggono qualsiasi interpretazione umana e storica, e invece la capacità di comprendere la vita degli uomini e i loro problemi alla luce di una oggettività nuova, quella del figlio di Dio che diventa esperienza per chiunque crede in lui.



È così che Benedetto XVI ha sovvertito gli schemi: innanzitutto c’è l’uomo nuovo, il cristiano. Quest’uomo nuovo entra nel mondo e giudica. Lo abbiamo visto nel giudizio che il Papa ha saputo dare su tutte le vicende del presente e del passato, senza nascondere nulla, accettando di confrontarsi anche con episodi particolarmente dolorosi per la Chiesa cattolica. Non si è fermato davanti a nessuno dei problemi che il mondo tedesco pone alla propria e dunque alla nostra umanità.

Perché il grande problema della Germania, come di tutta l’Europa, è che il destino dell’uomo non è più messo al centro della vita, della società e della politica. Ecco, allora, il grande compito che tocca a tutti i cristiani: quello di una vera e nuova evangelizzazione, nella quale sia possibile oggi di nuovo l’incontro, come diceva Giovanni Paolo II, fra Cristo e il cuore dell’uomo. Su questo la Germania e l’Europa possono risorgere, scommettere per una vita che sia più vera, cioè più corrispondente alle grandi domande che animano il cuore dell’uomo, oggi come duemila anni fa.



Si vive ben radicati con i piedi sulla terra, ha ricordato il Papa a un certo punto, perché la speranza che abbiamo non viene dalla terra ma dall’incontro con Cristo. Questo radicarsi degli uomini e dei cristiani sulla terra dà luogo a un movimento che lentamente, ma inesorabilmente, cambia le condizioni stesse della vita personale e sociale. Solo questo può renderci protagonisti della vita, e non pedine di un grande gioco che decidono solo i potenti.