Oggi ci troviamo di fronte alla più grande prova che l’Unione europea abbia mai dovuto affrontare nella sua storia. È una crisi finanziaria, economica e istituzionale, ma è anche una crisi di fiducia, nei confronti di chi governa, dovuta alla grande difficoltà che abbiamo a trovare delle soluzioni.
È giusto che rilanciando il progetto europeo noi cerchiamo anche soluzioni alla crisi che viviamo. È inammissibile che nei mercati finanziari abbiamo permesso la creazione di importanti squilibri tra gli Stati membri, in particolar modo nella zona dell’Euro. E i sismi che hanno sconvolto l’ordine internazionale, oltre alle pressioni della globalizzazione, hanno aggravato ancora di più la situazione.

Il risultato lo vediamo tutti: la società è inquieta. Molti cittadini hanno paura del futuro. Come mai nella storia c’è il pericolo che ci sia una deriva nazionalista. Non possiamo far sì che ciò accada: le risposte populiste metterebbero a repentaglio tutte le grandi conquiste dell’Unione europea, dall’euro, al mercato unico, alla libera circolazione delle persone. La paura infatti è la forza trainante delle visioni populiste e nazionaliste. Se le riforme tanto desiderate, non verranno realizzate nel giro di pochi mesi, paradossalmente diventeranno il pretesto per critiche euroscettiche, dove le stesse parole che noi utilizziamo con un’accezione costruttiva e positiva, sono usate contro il progetto dell’Europa unita: nazione, popolo, identità, occupazione.

La crisi di sovranità è innanzitutto una crisi di fiducia politica, e i cittadini ci osservano chiedendosi soprattutto se siamo veramente un’unione e se davvero valga la pena di essere un‘unione. L’Europa avrà un futuro se noi riusciremo a ripristinare la fiducia. E per fare questo abbiamo bisogno di stabilità, di crescita, ma anche della volontà politica dei nostri leader. Non è più il momento di cercare soluzioni parziali, servono invece soluzioni più ambiziose e globali per l’Europa.

Siamo in un periodo di transizione della nostra storia, in un momento in cui se non facciamo passi avanti verso l’integrazione, rischiamo di esplodere. Oggi possiamo affermare che gli orrori della guerra sono inimmaginabili in Europa. E questo perché esiste l’Unione europea. Perché grazie alla visione europea abbiamo costruito la garanzia di pace sul continente. Per questo non possiamo mettere in pericolo questa grande opera.

Noi l’abbiamo ricevuta in eredità dalle generazioni precedenti. Non può essere la nostra che la mette in discussione. Se incominciamo a battere in ritirata, a ricrederci sulle nostre grandi conquiste, i nostri obiettivi saranno seriamente messi in discussione.
Dobbiamo rendere più forte l’Unione europea, dando più potere alle istituzioni proprie dell’Unione, come la Commissione e il Parlamento.

La realtà di oggi ci dice che la cooperazione tra i Governi non è sufficiente per far uscire l’Europa da questa crisi, per costruire un futuro per l’Europa. Se i governi continueranno a imporsi in maniera tanto invasiva allora l’Unione europea continuerà a essere in pericolo.
L’Unione europea è al cento per cento figlia della cultura politica dei partiti popolari europei che hanno parlato a molte generazioni, identificando per lungo tempo l’Europa e la libertà contro i nazionalismi e i comunismi e quella cultura conosciuta che preferisce unire anziché dividere.

Le nostre idee sono diverse dal populismo, ma i nostri elettori sono sempre gli stessi. Vinceremo se saremo capaci di mettere in azione le nostre idee perché possiamo proporre riforme che parlino un linguaggio comprensibile da tutti i cittadini, il linguaggio del coraggio e della verità.