Quando leggerete questo articolo si saranno già tenute le primarie nel New Hampshire e forse –forse – sarà diventato più chiaro chi verrà scelto come candidato Repubblicano alle elezioni presidenziali del prossimo autunno. Può darsi, però, che il candidato sarà deciso dalla Carolina del Sud, dove i conservatori sociali contano più che non nel New Hampshire, che ha tendenze moderate o progressiste. O può anche essere che si debba aspettare la Florida, dove c’è una migliore combinazione di posizioni. O forse si deve attendere fino… e così via, dibattito dopo dibattito, incertezza dopo incertezza, tra pronunciamenti di esperti media e giornalisti. È insopportabile. Forse è solo tutto un complotto di qualche canale televisivo specializzato in vecchi film per attrarre gli spettatori in fuga dai programmi dedicati alle primarie Repubblicane. È questo che nascondono i Repubblicani moderati: stanno tutti guardando vecchi film.
Uno degli ultimi dibattiti è stato il più triste di tutti, quello sull’etica, la moralità e la religione. In quest’area i candidati rappresentano due religioni, la mormone e la cattolica, che però non si presentano in lotta tra loro. É difficile che i mormoni parlino direttamente della loro fede, lo fanno più facilmente i cristiani, nella speranza di attirare i voti degli evangelici. Ciò che è triste è il modo in cui la persona di Gesù Cristo è stata raramente menzionata, salvo che per l’insegnamento di valori etici, specialmente quelli che hanno a che fare con l’aborto, la contraccezione e l’omosessualità.
Questa riduzione del cristianesimo all’etica espelle concretamente Gesù Cristo dalla rete di relazioni che costituisce una società, proprio quello che il secolarismo cerca di fare.
Per questo, subito dopo aver visto questo dibattito, ho deciso di rileggere le riflessioni di Don Giussani sulle parole che il Beato Giovanni Paolo II gli aveva rivolto durante un’udienza privata nell’estate del 1982: “Voi non avete patria, perché voi siete inassimilabili a questa società.”
Nella sua prefazione al libro Uomini senza Patria, Don Julián Carrón sottolinea che questo essere senza Patria è, nelle società moderne, l’esperienza di ogni cristiano che riconosce la presenza di Cristo come diversa da tutte le altre nelle sua vita personale e nella società, in aree cruciali come il lavoro, l’educazione, la sessualità e la famiglia.
Giussani afferma che Cristo è diventato un “alibi” per interpretare le sfide che ci si presentano ogni giorno, e rispondere a esse, solo sulla base della nostra ridotta visione della realtà.
Se la nostra fede apre alla presenza unica di Cristo in questo mondo, capiremo quanto è vero che qui, in questo tipo di cultura, noi non abbiamo casa.