Sono sacerdote da quattordici anni. Più passa il tempo e più, celebrando la messa, mi accorgo di amare non solo le parole, ma anche i silenzi. Ce ne sono tre in particolare che costituiscono per me momenti attesi di dialogo con Dio.
C’è il silenzio dopo il vangelo. È un istante. Un minuto. Spesso non capisco perché il Signore dica quelle parole a me, in quel momento. Me lo domando. A volte feriscono, penetrano, mi fanno piangere. Altre volte, fuggono via. Le dimentico. Quel silenzio mi scopre, mi fa capire la mia piccolezza, il mio niente. Intanto guardo le persone che ho davanti e mi commuovo, pensando al miracolo della loro presenza. Chissà se hanno capito perché il Signore ha detto loro quelle parole, cosa c’entrano le letture del giorno con la loro vita, con loro.
Poi ci sono i momenti di silenzio dopo l’elevazione del pane e del vino. Quando il pane, sostenuto dalla mia mano, è diventato il corpo di Cristo. Quando il vino, tenuto alto, mostrato all’assemblea, è divenuto il sangue di Cristo. Sono momenti pieni di commozione. Il Signore è davanti a me. “Mio Signore e mio Dio” ripeto da quattordici anni, ogni giorno, sottovoce, muovendo appena le labbra, ma volendolo gridare. Quegli istanti, sempre troppo brevi, ma intensi, riportano in me il sorriso lieto di chi ha ritrovato l’Amato. Allora, il mio sguardo, come in un abbraccio, tiene insieme l’ostia e le persone che ho davanti. È la comunione che vorrei sempre. Guardo i volti di chi ho di fronte e li vedo una cosa sola con l’Eucaristia. I dolori e le gioie di ciascuno, che talvolta conosco bene, io li mostro al Signore, li presento a Lui. Quell’istante di silenzio salva le mie giornate. Riscopro che quell’ostia e quel vino sono la mia salvezza.
Il silenzio dopo la comunione porta infine la pace tanto attesa già dal principio della giornata. Il Signore è fedele. Mi raccomando di nuovo a Lui e sono pronto a ripartire, egoista come sempre, interessato e ottuso come sempre, eppure sempre in lotta, sempre a riaffermare, sempre a riprendere la mia marcia sulla via illuminata dalla luce. Spesso sostando, perdendo tempo, sviando, attardandomi, tornando, ma mai seguendo un’altra via.