Nessuno di noi, o beata Vergine di Lourdes, poteva immaginarselo, eppure è successo. Chi poteva pensare che giorni e giorni di pioggia fitta e ininterrotta avrebbero alla fine fatto uscire il fiume Gave dai suoi argini fino a inondare, lo scorso 20 ottobre, il luogo dove sei apparsa? Guardiamo smarriti le foto: le panchine sono sommerse d’acqua sporca, l’altare emerge solo di poco nella grotta che sembra ancora più buia, con in fondo il crocifisso anch’esso minacciato. Solo la nicchia dove ti sei mostrata a Bernadette sembra al sicuro.

Non potevamo immaginarci un simile disastro noi che ogni tanto ci rivolgiamo a te e ti lanciamo qualche distratta Ave Maria, che comunque sta a dire che ci fidiamo, confidiamo, speriamo. Ed ora quella melma scura che invade la grotta quasi quasi ci fa dubitare. Perché proprio adesso? Proprio nel mese dedicato al rosario che hai tanto raccomandato al tuo popolo semplice. Proprio mentre la Chiesa cerca di risollevarsi dopo un’inaudita ondata di fango. Proprio mentre i vescovi di tutto il mondo stanno riflettendo su come fare per annunciare di nuovo in modo credibile il messaggio cristiano. Proprio quando da noi tutti i giorni dileggiano ciò che abbiamo di più caro. E certamente ci sarà chi ripeterà quello che han detto a tuo figlio in croce: «Ha salvato gli altri, come mai non può salvare se stessa?», irrideranno questa Madonna che pellegrini a loro dire creduloni venerano da un secolo e mezzo e che non è stata in grado di difendersi dalle bizze di un fiumiciattolo di montagna.

Noi non potevamo immaginarcelo, ma Tu sì. Tu certo hai permesso tutto questo per dirci qualcosa. Che non sei estranea e lontana dalle nostre sofferenze. Milioni di persone accorrono alla grotta a presentarti il peso dei loro dolori, a mostrarti silenziosi le piaghe del loro corpo e le ferite, più acute, dell’anima, a implorare la guarigione delle une e delle altre. Ed ora abbiamo capito di nuovo che non sei una dottoressa lontana che prescrive ricette e dà buoni consigli: quell’acqua che ha lambito i tuoi piedi ci ricorda che i dolori anzitutto li prendi nella tue mani, li condividi. Prima ancora di compiere il miracolo, mostri compassione, patisci con noi; come Gesù che a quella vedova straziata per la morte dell’unico figlio disse: «Donna non piangere». E non hai ribrezzo del fatto che l’urlo della nostra dolorosa domanda ti raggiunga come acqua sporca coperta di rami spaccati e bottiglie di plastica.

Poi ci ha detto che non dobbiamo confidare tanto nelle nostre azioni per te, ma proprio in te. Sul grande candelabro che sta all’ingresso della grotta ardono le candele dei nostri sforzi di devozione, delle promesse di conversione, degli slanci di affetto e delle insistenti preghiere. Tutte cose che ti sono gradite e che tu stessa chiedi. Ma viene un momento in cui bisogna accorgersi che, se siamo troppo concentrati su questo, rischiamo di perdere l’essenziale, di complicarci, di ripiegarci. E così l’amara e sporca acqua del fiume ci travolge, così come ha sommerso quel candelabro. Invece Tu stai sempre lì, nella tua nicchia e aspetti da noi solo quello che speravi da quel pellegrino che venne a trovarti nella lontana Aparecida, aspetti il nostro «sguardo». Niente è più facile.