Ieri il parlamento turco, riunito a porte chiuse, ha approvato la mozione presentata dal premier Recep Erdogan che autorizza per un anno possibili operazioni militari turche in Siria.
Dal punto di vista del diritto internazionale non c’è alcun dubbio che l’ingiustificato attacco avvenuto due giorni fa nel quale hanno perso la vita 5 cittadini turchi (una madre con i 4 figli) costituisca una gravissima violazione dell’integrità e della sicurezza dello Stato turco. La reazione repentina e risoluta di Ankara nei confronti di Damasco è quindi pienamente legittima e, nonostante le scuse del governo siriano che ha dato la colpa al terrorismo, costituisce una forma di tutela in questo momento essenziale per la posizione geografica occupata dal paese turco. La Turchia, fortunatamente, è un paese membro dell’Alleanza atlantica e anche questo ha contribuito fino ad oggi ad attenuarne l’interesse ad addentrarsi più di tanto nella palude siriana.
Ne è convinto anche il Ministro degli esteri italiano Terzi: «Fino ad ora si è rimasti nell’ambito dell’articolo 4 sul piano della concertazione politica fra paesi dell’Alleanza, ma anche nel Consiglio Nato di questa notte è stato riaffermato il principio della indivisibilità della sicurezza, al quale i membri dell’Alleanza tengono molto». Terzi ha poi ribadito la sua «solidarietà e quella del governo italiano all’esecutivo turco».
Anche l’Unione europea ha espresso la sua condanna nei confronti del regime siriano per il bombardamento della città turca di Akcakale. ”L’incidente di ieri – ha sottolineato l’Alto Rappresentante per la politica di sicurezza comune Catherine Ashton – indica chiaramente quali tragici effetti può avere sui Paesi vicini la crisi siriana. Ancora una volta chiedo con urgenza alle autorità siriane di porre fine immediatamente alle violenze e di rispettare la sovranità e l’integrità dei Paesi vicini. Simili violazioni della sovranità turca non possono essere tollerate. Invito tutte le parti alla moderazione. Continueremo a monitorare molto da vicino l’evolversi della situazione”.
Il confine tra Siria e Turchia è ricco di regioni a maggioranza curda, che sono divise al loro interno. Alcuni gruppi sostengono apertamente la rivolta contro Damasco, altri sono neutrali. Alcune frange sono fedeli al Pkk e vedono di buon occhio la Siria in funzione anti-Ankara. In pochi tra i media ne parlano, ma episodi di violenze e scontri tra le diverse fazioni se ne sono verificati moltissimi negli ultimi tempi. E’ difficile quindi pensare che Turchia e Siria abbiano qualche interesse nel fronteggiarsi militarmente in maniera più consistente. E’ tuttavia evidente che se la crisi siriana non troverà una soluzione condivisa in breve tempo, c’è il forte rischio che si verifichino di nuovo episodi di violenza che coinvolgano paesi confinanti. La Turchia non muoverà guerra contro Damasco, ma reagirà colpo su colpo. Il pericolo è che qualcuno in Siria alimenti la violenza contro lo Stato turco, proprio in funzione anti siriana.
L’Unione europea, la Nato e la comunità internazionale devono accelerare notevolmente i tempi di una transizione democratica per la Siria, che evidentemente deve coincidere in primis con le dimissioni di Assad e con un rapido attivarsi del processo di conciliazione nazionale. E’ inutile ribadire come un’ulteriore escalation di violenza provocherebbe solo maggiori sofferenze alla popolazione, già dilaniata da una guerra sanguinosa tra governo e ribelli, che non sembrano avere la forza di sovvertire il regime.