Grazie all’Unione europea il nostro continente ha avuto il più lungo e prospero periodo di pace della sua millenaria storia. L’attribuzione del premio Nobel per la pace all’Unione europea, avvenuta lo scorso 12 ottobre, rappresenta un evento di significato profondo. Esso ci ricorda che la costruzione di una stretta integrazione tra i popoli europei costituisce un’operazione di portata epocale che ha come obiettivo, in ultima analisi, non la realizzazione di scopi economici, ma la creazione di un’area di pace, sviluppo e promozione dei diritti dell’uomo su un territorio che per secoli è stato segnato dal sangue di milioni di europei.
Nell’opinione pubblica si tende, talora, a parlare dell’Unione europea con fastidio o sufficienza, a identificare quest’ultima in una serie di vincoli e obblighi: si tratta di una prospettiva limitata o, meglio, fallace. L’Unione non è infatti un potere superstatale invasivo, che finisce per imporre ulteriori legacci alla già complicata vita dei cittadini, ma uno strumento che è stato pensato dai Padri fondatori delle Comunità Europee per consentire di rompere gli schermi delle sovranità nazionali; di sottrarre alle politiche nazionaliste le ragioni più importanti di tensione sul piano economico; di affermare la preminenza del diritto e della persona di fronte al potere, tanto pubblico, quanto privato.
E’ anche vero che l’Unione talora viene meno a questa sua alta vocazione. E’ innegabile che ci siano dei casi in cui essa non riesce ad adempiere pienamente il proprio ruolo. Si pensi ad esempio alla debolezza istituzionale o alle difficoltà a trovare soluzioni per uscire dalla crisi economica. Oppure alla paralisi sul campo della politica della tutela delle minoranze cristiane nel mondo; alle violazioni del principio di sussidiarietà con il tentativo di trasformare una serie di desideri dei singoli in diritti che stravolgono la disciplina della famiglia e dei suoi diritti. Si tratta, tuttavia, di storture che vanno corrette e che non inficiano la bontà del progetto originario e del tentativo di realizzarlo con sempre maggiore intensità ed efficacia. Non è un caso che le Comunità siano state pensate e originariamente plasmate da spiriti profondamente cristiani – De Gasperi, Schumann, Adenauer.
Proprio a queste radici ideali, alla carica positiva e sublime del progetto di integrazione europea ci richiama l’attribuzione del Nobel all’Unione, in un momento di difficoltà notevole, la cui soluzione passa non per la disgregazione del progetto, ma per un rafforzamento e un consolidamento dello stesso. Da ciò dipende, in ultima analisi, la pace e il futuro dei popoli europei.
E’ lecito augurarsi che questo importantissimo riconoscimento faccia riflettere ognuno dei 500 milioni di europei su quanto l’Unione europea abbia contribuito a costruire la società più giusta, democratica e prospera del mondo. La pace è un’eccezione nella storia d’Europa, la regola sono sempre state le guerre sanguinose del nostro passato. Questo premio nobel sia il simbolo di questa positiva eccezione rappresentata dagli ultimi 60 anni e sia la strada da seguire per il futuro.
Il Comitato per il Nobel ha voluto sottolineare che anche in questi tempi difficili l’Unione europea continua ad essere un esempio di democrazia e libertà per i popoli di tutto il mondo e che quindi tutti quanti abbiano un estremo bisogno di una Unione europea forte e coesa. Il messaggio che si è voluto inviare ai cittadini, ma anche ai governanti europei è molto chiaro: l’Unione europea è un bene di valore inestimabile, che dobbiamo preservare e far crescere, per il bene degli europei e del mondo intero.