Il Consiglio europeo riunitosi la scorsa settimana per discutere del quadro finanziario per il periodo 2014-2020 si è chiuso con un nulla di fatto. In molti hanno parlato dell’impossibilità per gli stati membri di raggiungere un accordo sul taglio di mille miliardi al bilancio dell’Unione. Occorre fare un po’ di chiarezza: lo scontro che si protrarrà fino all’anno prossimo non riguarda le singole voci di spesa a bilancio dell’Unione, ma la natura del bilancio Ue in quanto tale. Alcuni stati stanno cercando di far passare il ragionamento per cui, poiché c’è la crisi e tutti i governi stanno apportando dei tagli, anche Bruxelles deve tagliare. È il caso per esempio della Gran Bretagna, dove i laburisti hanno chiesto a Cameron di tornare in patria con un taglio del 30 per cento.

Le parole del Presidente Monti all’indomani del vertice sono più che giustificate:  «È un po’ demagogico l’uso che viene fatto della fustigazione del bilancio comunitario e anche un po’ incoerente».

Quello che bisogna chiarire è che il bilancio UE non è aggiuntivo rispetto a quelli degli stati nazionali. Se pensiamo questo, continuiamo a perpetrare un equivoco di fondo che rischia di vanificare tutti gli sforzi che vengono fatti in favore dei cittadini europei.

Il bilancio dell’Unione europea è uno strumento sintetico che ha la capacità di moltiplicare gli effetti degli investimenti. In questo senso, serve per creare più efficienza e più efficacia. Ogni euro sottratto al bilancio dell’Unione europea aumenta la spesa pubblica degli stati.

Se continuiamo a pensare che l’Unione europea è un’entità che si aggiunge agli stati membri, così come oggi le ambasciate dell’Unione europea nei vari paesi extra-europei si aggiungono a quelle degli stati membri, perseveriamo nell’equivoco. Illudersi di contribuire a un risparmio e a un rigore generale tagliando il bilancio dell’Unione, è un errore imperdonabile. Al contrario, attraverso il bilancio dell’Unione europea consentiamo agli stati di risparmiare e favoriamo il rigore promuovendo al tempo stesso crescita e sviluppo.

In questo momento, con la loro posizione, gli stati membri stanno giustificando il loro nazionalismo soft di fronte all’opinione pubblica nazionale; la conseguenza di questo atteggiamento è che il problema di diminuire il bilancio dell’Unione europea si ripresenterà in futuro e l’unica risposta che avremo imparato ad offrire sarà aumentare il bilancio dei singoli stati nazionali.

Senza un accordo sul bilancio europeo, gli stati nazionali spenderanno comunque questi 140 miliardi, ma lo faranno con una minore efficienza. Infatti, già oggi gli studi della Commissione europea ci dicono che ogni euro investito dall’UE rende 95 centesimi, mentre solo 50 centesimi quando a fare la spesa sono gli stati.

Se dovesse prevalere la linea dei paesi che chiedono la diminuzione del bilancio comunitario, saremmo costretti ad abbandonare alcuni investimenti cruciali per il presente e per il futuro, come per esempio la costruzione di infrastrutture per il trasporto, il finanziamento del progetto Erasmus o il fondo per gli indigenti. Spese, insomma, che contribuiscono ad aumentare l’efficacia e l’efficienza del sistema Europa e che, oltretutto, vanno a vantaggio dei protagonisti della vita sociale: le imprese, gli studenti e le persone in difficoltà, che non possono essere trattate come un peso, ma sono parte integrante del nostro potenziale di crescita.