Finalmente è finita! E’ questa la reazione che traspare dalle telefonate o email di molti amici: finalmente le elezioni ci sono state ed è finita questa interminabile e immoralmente dispendiosa campagna. E dopo tutto questo, cosa è cambiato? Obama rimane alla Casa Bianca, i Democratici continuano a controllare il Senato e i Repubblicani la Camera dei Rappresentanti. Inoltre, malgrado le promesse da entrambe le parti di voler collaborare per rispondere ai problemi del Paese, non ci sono molti indizi per affermare che questa volta ci sarà spazio per una simile collaborazione.
Questo cinismo è comprensibile e io stesso ieri ho sperimentato qualcosa di simile nel sentire i risultati, né vi è dubbio che sarà una tentazione ricorrente (o forse un modo per trovare conforto) abbandonarsi al cinismo di chi è intellettualmente stanco, troppo stanco per approfondire questa esperienza di delusione fino alle sue radici.
Mi è stato chiesto di scrivere sul “voto cattolico” in queste elezioni, ma al momento non ho ancora davanti analisi dettagliate su come hanno votato i cattolici, quanti hanno votato per Obama e quanti per Romney, su quali sono state le motivazioni del voto, etc. Nelle elezioni passate, almeno di recente, non sono apparse grandi differenze tra gli schemi di voto dei cattolici e quelli degli americani di altre fedi religiose.
In questa tornata elettorale, tuttavia, sembra esserci stata una maggiore, pubblica insistenza della Gerarchia americana sul fatto che i cattolici dovevano votare solo per politiche in accordo con l’insegnamento morale della Chiesa. La domanda diventa quindi: i cattolici hanno seguito le indicazioni dei vescovi? Non abbiamo dati attendibili per rispondere a questa domanda.
In alcuni Stati erano in discussione specifiche materie con rilevanza morale, quali l’approvazione del matrimonio omosessuale e dell’adozione di bambini al loro interno, la legalizzazione della marijuana, l’aborto e la copertura offerta e pagata dal governo per la contraccezione. Anche qui non vi sono dati sufficienti per stabilire quanto il comportamento dei cattolici sia stato influenzato dagli insegnamenti della Chiesa.
D’altra parte, molti commentatori concordano sul fatto che la vittoria di Obama sia dovuta al confluire su di lui del voto di diverse minoranze raziali, etniche e religiose, che sono ora diventate la nuova maggioranza americana. Altrettanto accordo vi è sul fatto che l’incapacità del Partito Repubblicano di capire questa nuova identità dell’americano “medio” sia forse la maggiore causa della sua sconfitta.
Questo nuovo profilo dell’americano medio può essere visto in una parrocchia cattolica di città, dove è chiaro il significato della presenza e dello spirito della cultura degli ispano-americani e la risposta che dà la Chiesa cattolica. Se si sta formando un “voto cattolico”, è da queste comunità che emergerà.
La considerazione di questo fatto fa scomparire la tentazione del cinismo. Sotto questo profilo, il fatto che gli ispano-americani costituiscano la maggioranza dei cattolici in molte aree politicamente importanti del Paese rende i risultati di queste elezioni una porta aperta per la nuova evangelizzazione.
Il Presidente Obama può cogliere l’importanza della presenza degli ispano-americani e il loro ruolo nella sua vittoria. Preghiamo per lui, come ha chiesto Romney nel suo discorso di abbandono, perché possa anche riconoscere l’origine della loro gioia nella vita della Chiesa.