Il Natale, più forte della profezia Maya

Analizzando la cosiddetta profezia Maya su un'ipotetica fine del mondo, ALESSANDRO BANFI si chiede come abbia fatto una simile "bufala" ad avere tanto successo in questo momento storico

Non c’è niente di vero. Lo sapete già. Il mondo non finisce oggi. Fra l’altro nessuno studioso, della civiltà dei Maya, che sia serio scientificamente, ha ritenuto che avesse alcun fondamento l’idea che la data di oggi, 21 12 2012, fosse quella della fine della terra e della vita umana sul pianeta. Una bufala giornalistica che si presta, e si è prestata molto, in effetti, a scherzi, battute, commenti divertiti e a volte anche divertenti. E tuttavia vorrà dire pur qualcosa se questa bufala, in mezzo a tante bugie che non attaccano, ha avuto tanto successo in questo momento storico. Beh intanto potremmo dire che siamo in pieno paganesimo: nella società secolarizzata di oggi, nel “deserto” per usare l’espressione di Papa Ratzinger dove le fedi e le religioni sono di fatto ignorate, trionfano la superstizione, l’ignoto, le credenze più irrazionali. In particolare questa storia dei Maya ha un’aria particolarmente massonica: solo qualcuno sa e il sapere segreto conduce al potere e alla felicità suprema. Quello che celebra la stupidaggine dei Maya è un mondo realmente gnostico, realmente massonico. Un mondo ormai ricco di profezie incomprensibili, di oroscopi, di lettori di tarocchi. Dalle altissime riflessioni di un Guido Ceronetti alle boiate del Mago Otelma. 



Ma c’è una seconda osservazione che invece merita più attenzione. La gente ha paura. La crisi economica nel tempo sta logorando l’equilibrio delle persone. Il futuro (a differenza che in altri momenti della storia, anche recente, basta pensare agli anni Sessanta o agli anni Ottanta del Novecento) appare come qualcosa di oscuro, incombente, ignoto. Tendenzialmente depressivo e inquietante. Per questo oggi la sfida del mistero della vita, lo stesso concetto di infinito, rischiano di diventare destabilizzanti, non spalancano ad una prospettiva di meditazione positiva, ma diventano occasione di angoscia, di sofferenza.



L’ansia per qualcosa che non c’è o di cui sfuggono i contorni. Questo è il sentimento che domina l’uomo contemporaneo. Questo è il sentimento che contagia anche noi. Afflitti da difficoltà economiche, o colpiti dai problemi del parente o del vicino. Sotto la pressione cupa di una negatività globale.

Per questo il Santo Natale dovrebbe essere un’occasione, più lieta che mai, dell’annuncio di un fatto. Di un bambino. Di una povera mangiatoia, che nel suo essere un piccolo e misero particolare, rappresenta il grande dono della Grazia di Dio. “Quello che voi adorate senza conoscere” è diventato un bambino nella notte di Betlemme. La felicità è visitabile, incontrabile, venerabile inginocchiandosi nella grotta di Betlemme. “Il verbo”, dice Giovanni nel luminoso inizio del suo Vangelo, “si è fatto carne”. Il Cielo è sceso sulla terra.



“Non abbiate paura”, diceva all’inizio del suo pontificato Giovanni Paolo II, allora la paura negli uomini era scatenata dalla lotta politica, dalla guerra fredda, dal terrorismo. Oggi la paura, che è sempre la grande leva su cui punta il Male, si chiama incertezza, depressione, mancanza di futuro…  “Non abbiate paura, spalancate la porta a Cristo”. Una carne, una storia, un bambino contro le angosce irrazionali del nostro tempo, contro la paura dell’ignoto. La salvezza ha un nome e ha una vicenda straordinaria, positiva, una piccola ma solida terra. Una misera ma accoglientissima culla: una mangiatoia.

Il Santo Natale è un annuncio strepitoso e direi strategico per ognuno di noi: il Signore è con te. La felicità è un dono che non ti aspetti, che ti sorprende e ti attrae. Non preoccupatevi del futuro, non preoccupatevi del passato. Come dice il grande Oscar Wilde:   “Non avere paura del passato. Se la gente ti dice che è irrevocabile, non credere loro. Il passato, il presente e il futuro non sono che un momento nella visione di Dio, nella cui visione dovremmo cercare di vivere”.

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