Ho un amico giurista, in Svizzera, che si occupa della legislazione sull’eutanasia. Qualche tempo fa mi ha raccontato di essere stato invitato a un incontro con duecento anziani. Il tema era la possibilità di scegliere come e quando morire, e molti degli anziani partecipanti si mostravano a favore dell’eutanasia con questa argomentazione: «Quando il nostro cane sta male e soffre lo portiamo dal dottore e lo facciamo uccidere. Perché a noi non è permesso? ».
Il suo racconto mi ha molto rattristato. Nella situazione attuale, molti uomini non hanno più coscienza della loro singolare dignità, non vedono più nessuna differenza tra di loro e un animale. È venuto a mancare lo stupore che muoveva il salmista quando esclamò: Che cosa è l’uomo perché tu [cioè Dio] te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi? (Sal 8,5). Come ricuperare il senso della nostra esistenza? Come uscire da questa trascuratezza dell’io?
Penso che una possibile via sia quella dell’amore, dell’amicizia. Perché? Poiché nella storia del mondo è accaduto proprio così. Gli uomini non hanno sempre avuto coscienza della loro grandissima dignità. Gli antichi greci, ad esempio, ci hanno offerto delle definizioni stupende della natura umana, ma non hanno mai riconosciuto che la vita di ciascun uomo ha un valore incommensurabile. Solo quando gli uomini sono stati amati senza riserve, hanno scoperto di avere la dignità di persone. Ciascun uomo è insostituibile, anzitutto perché Dio lo ama in modo unico e personale. È dunque stato Gesù a rivelare agli uomini la loro vera natura. Non è un caso che i primi a convertirsi a Cristo siano spesso stati gli schiavi, i poveri, gli emarginati. Essi, che non avevano nessuna speranza, sono stati i più colpiti dall’annuncio di un Dio che si è fatto uomo, ha sofferto ed è morto per loro. Questo avvenimento gli permetteva di leggere la loro vita in una nuova luce: qualcuno li amava, si preoccupava del loro destino. Hanno cominciato a guardare i loro figli, i loro amici con quel medesimo stupore negli occhi. Ed è così che, pian piano, la convinzione del valore infinito di ogni vita umana – quella per cui Gregorio Nazianzeno esclamava «Se non fossi tuo, mio Cristo, mi sentirei creatura finita» – si è diffusa in tutto il mondo.
La dinamica dell’amore è paradossale: ne abbiamo bisogno per realizzare la nostra natura, ma non possiamo pretenderlo. È per definizione un dono gratuito. Dio ha scelto proprio questa dinamica per salvare gli uomini. Cristo si è fatto uomo, è diventato amico di alcuni, affinché questi chiamassero a loro volte degli uomini a diventare suoi amici. Si capisce allora perché sant’Agostino scorga nella missione il sintomo della vera amicizia. Mediante questa chiamata a collaborare al progetto di Dio, ciascuno può scoprire il suo posto inconfondibile nella storia del mondo.