Si doveva far chiarezza ma con l’emendamento Monti, se non chiarito, si rischia di buttare via il bambino con l’acqua sporca. Prima per non pagare l’Ici bastava dire che eri una non profit adesso tutto ruota intorno al concetto di “attività commerciale”. Sembra semplice, ma apre un mondo di interpretazioni e i comuni che riscuotono l’imposta non hanno voglia di molte interpretazioni ma di molti soldi.



Prima però occorre fare un po’ di storia dell’esenzione Ici. Basterebbe poco per farsi un’idea sul perché alcuni immobili non pagano l’Ici o l’Imu e di conseguenza arrivare alla conclusione che è un bene non far pagare alcunchè. Prima di dare un giudizio bisognerebbe fare un elenco di tutti coloro che l’Ici non la pagano.



Non pagano l’Ici tutti i locali pubblici: scuole, università, musei, teatri lirici, lo stadio comunale, gli impianti sportivi, le Ipab ovvero le case di riposo pubbliche, gli ospedali, le sedi Asl. Che senso avrebbe infatti fare pagare un’imposta a chi svolge attività pubblica cioè per tutti? È per la stessa ragione che non pagano l’Ici le scuole paritarie, i teatri degli oratori, l’impianto sportivo di una società dilettantistica, una casa di riposo gestita da una onlus, un circolo ricreativo come le case del popolo o l’Arci, la sede della Misericordia o della Pubblica assistenza. Non la pagano per la stessa ragione ovvero perché svolgono attività pubblica cioè rivolta a tutti.



Alla bontà della normativa sulle esenzioni che io continuo a difendere, negli anni alcuni, pochi, immobili non hanno pagato l’imposta pur svolgendo attività profit o parzialmente utilizzando locali a fini commerciali. Dopo alcuni ricorsi dei radicali a livello europeo e una sentenza era necessaria una norma chiarificatrice ed è arrivato l’emendamento del governo di venerdì sera. Con la novità dell’emendamento Monti al Senato però il rischio, se non si chiarisce l’interpretazione, è quello di buttare via il bambino insieme all’acqua sporca. La chiarezza sulla questione Imu è necessaria, ma l’emendamento proposto va chiarito, così com’è rischia di mettere in difficoltà e di far chiudere tante realtà che operano per tutti: scuole paritarie, asili, ospizi, mense per indigenti. L’emendamento infatti, se nessuno lo definirà meglio, si basa sul concetto che l’esenzione non è più prevista per quei soggetti, anche del non profit, che svolgono un’attività commerciale. Se prima l’esenzione si basava sulla proprietà del locale o sull’attività svolta, adesso si baserà sul fatto che l’attività svolga o meno attività commerciale. Sembra facile ma il concetto “attività commerciale” apre una voragine interpretativa.

Un’attività o è commerciale o non lo è. Come si fa a gestire una scuola, un asilo, un ospizio, un ospedale, ma anche una mensa per indigenti o un’assistenza domiciliare senza modalità commerciali? Come è possibile farlo senza rette, passaggi di denaro, convenzioni con l’ente pubblico? Chi per gestire finalità utili a tutti riuscirà a pagare uno stipendio di un insegnante, la luce, il gas o la benzina per un auto senza porre in essere in qualche modo “attività commerciale”? 

La onlus che fa assistenza domiciliare ai malati oncologici, raccoglie fondi per pagare infermieri e medici che hanno contratti con l’ente, una mensa per indigenti può anche avere una convenzione con un ente locale per pagare parte delle spese come l’acquisto di generi alimentari, in un ospizio gestito anche da religiose ci possono essere contratti di lavoro per il personale ausiliare, un asilo non statale ha le rette e servono per pagare gli insegnanti. Tutte azioni commerciali eppure fatte da non profit.

Poi non capisco perché si continua a scrivere che l’emendamento è fatto per i beni della Chiesa. Ricordo che non pagano l’Ici o l’Imu i beni delle confessioni religiose che hanno stipulato con lo Stato un concordato e tutte le non profit, le fondazioni e quindi anche partiti e sindacati. Che sia chiaro, l’emendamento del Governo se cambia la legge non la cambia alle opere che nascono dalla Chiesa cattolica ma modificherà la norma per tutti. Dico questo perchè sono assolutamente convinto che tutto l’argomento è nato contro la Chiesa cattolica e non certo contro partiti, sindacati e circoli Arci.

Io invece continuo a difendere il principio che è contenuto nella legge del 1992 che istituì le esenzioni Ici, prevedendola anche per gli enti non profit. Chi svolge attività senza fini di lucro ha diritto all’esenzione perché svolge attività pubblica cioè per tutti. Io continuo a difendere l’esenzione per tutti anche per i circoli Arci che hanno la pizzeria e fanno quindi attività commerciale, ma quell’attività serve per far rimanere aperto tutto il circolo, dove si fanno ancora discussioni politiche, sempre che a sinistra ci sia ancora qualcuno che voglia discutere di politica.