La natura, se la guardo con mente aperta, cuore paziente e spirito appassionato, accende dentro di me una domanda. La contemplazione di questa forza grande e terribile ci colloca sul limitare di un mistero nascosto e ci riempie di un interrogativo: “Chi sei?”.

Già quando avevo tre o quattro anni, e la mia famiglia viveva in città, guardavo fuori dalla finestra gli alberi nel cortile, e osservavo le ombre ondeggianti, scosse dal vento della notte. Mi riempivano di un senso di stupore e terrore. Qualche mese dopo ci trasferimmo in un piccolo villaggio, situato nel cuore di una foresta di alberi altissimi. Una volta, in un giorno freddo e ventoso, mentre mia sorella ed io stavamo camminando nel bosco, lei mi fermò e disse: “Ascolta!”. Allora udii lo scricchiolio profondo, quasi gemente, dei tronchi giganteschi che si piegavano quasi impercettibilmente nel vento. “Ci stanno parlando”, ha continuato. Non ho mai pensato che gli alberi fossero strani mostri dotati di un linguaggio in codice; capivo che erano i segni attivi di un mistero che si stava rendendo presente a noi attraverso di loro.

Certamente la natura non ci mostra solo un volto benefico. Ho ben presente un dialogo con una famiglia che aveva vissuto alle pendici del Monte St. Helens, un vulcano che tornò in attività nel 1980. Non avevano voglia di parlare di quella catastrofe, e mi dissero che non potevano sopportare di ascoltare luoghi comuni sulla natura bella e gentile. Quella potenza distruttiva incuteva soggezione, ma non certo buoni sentimenti.

Eppure, quella stessa potenza creatrice e rinnovatrice della vita ci parla anche di un’inarrestabile forza positiva e fantasiosa. Per cinque lunghe estati ho lavorato come istruttore in un campo estivo cattolico. Quanto era facile parlare di Dio, mentre guardavamo le nuvole di stelle nel cielo dopo una lunga giornata passata a esplorare il fiume; o ammiravamo i grandi aironi azzurri che scivolavano su di noi; o dopo aver avuto un incontro ravvicinato con un orso, meravigliato di imbattersi nei nostri sacchi a pelo.

Una volta, durante una passeggiata con una ragazza, fui preso alla sprovvista. “Perché quando parli della natura devi mettere sempre in mezzo Dio? Perché non puoi semplicemente ammirare gli alberi in quanto alberi?”, mi chiese con voce aspra. Non seppi cosa rispondere.

Oggi le direi che il mistero è l’essenza del fascino della natura. Essa accende il desiderio di conoscerlo e di capirlo, ci dà come una nostalgia per il suo volto, perché si riveli e ci rassicuri. Oggi come ieri, quando mi chiudo in casa per sfuggire al vento gelido che fuori urla, c’è ancora una voce che riesco a sentire. E ancora sorge la domanda: “Chi sei tu?”.