Il welfare europeo è morto e finalmente qualcuno in Europa se n’è accorto. Il Presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, lo ha detto a chiare lettere. La disoccupazione giovanile e il grave squilibrio delle condizioni contrattuali che ci sono tra nuovi e vecchi lavoratori danno ragione all’ex Governatore della Banca d’Italia. Occorre un immediato ripensamento del modello sociale europeo.
Draghi ci indica chiaramente come ci sia il bisogno oggi di superare la contrapposizione ideologica tra statalismo e liberismo, che ci ha contraddistinto finora. Dobbiamo trovare nuove soluzioni virtuose che tengano conto di una diversa e più efficace idea di sviluppo. L’Europa deve riformare le proprie politiche, se vuole proteggere i propri valori. Il mantenimento dello status quo è semplicemente uno spreco nel lungo termine.
Il fatto che l’Europa abbia superato gli Stati Uniti in termini di crescita per mezzo secolo fino alla metà degli anni ‘90, sviluppando e realizzando un’infrastruttura sociale degna di nota che ha garantito la condivisione del benessere, è stata una conquista notevole. Tuttavia, di fronte a un rischio di recessione e all’evidente diminuzione del benessere, non possiamo trascurare il fatto che il nostro modello sociale è attualmente un ostacolo alla competitività e alla crescita.
In linea di principio, il modello sociale europeo riscuote da sempre un ampio consenso, per lo meno a parole. Chi può avere qualcosa in contrario a un insieme di valori comuni, alla pace, alla giustizia sociale, alla libertà, all’uguaglianza e così via? I valori europei fondamentali dell’uguaglianza, della solidarietà, della ridistribuzione e della non discriminazione, nonché dell’assistenza ai giovani, agli anziani e ai malati attraverso servizi pubblici universali, devono essere difesi, ma integrati in maniera consistente dall’aiuto indispensabile della società civile. Mai come ora la sussidiarietà rappresenta il fattore determinante per uscire dalla crisi.
Dobbiamo avere il coraggio di dire ai cittadini europei che la dimensione sociale va rilanciata nella discontinuità con il passato. Occorre guardarci bene dal dare credito all’oltranzismo di coloro i quali proseguono nel vedere la soluzione nel solo intervento dello Stato, o viceversa, nel solo contributo del mercato. Questo è un passaggio decisivo per capire cosa deve diventare l’Europa, per poter dire chiaramente ai cittadini europei se il futuro dell’Europa, e non solo la sua storia pregressa e quella del Novecento che tutti conosciamo e abbiamo vissuto, sarà prosperità o declino.
In questi giorni a Palma di Maiorca il Gruppo del Partito popolare europeo si riunisce per ribadire che “se vogliamo far ripartire la crescita, migliorare la competitività e creare lavoro, la risposta è più Europa”. Più Europa nel senso di un bisogno sempre più evidente di armonizzazione delle politiche Ue, attraverso un metodo aperto e rafforzato di coordinamento. In altre parole, basta con un utilizzo improprio della sussidiarietà verticale, con i Governi che ricevono dall’alto indicazioni di principio e che adottano politiche di welfare troppo diverse tra loro, contribuendo ad aumentare squilibri e disuguaglianza sociale.
Il progetto europeo deve compiersi a partire dall’Unione fiscale e da un comune sistema di welfare. Da qui deve arrivare l’imposizione agli stati di alcune regole base, volte a promuovere la sussidiarietà vera, quella orizzontale. La riduzione della spesa pubblica e la sostenibilità del sistema assistenziale dipenderanno dallo spazio che vorremo affidare alla libera iniziativa, allo spirito di intrapresa, al non-profit e alla creatività dei corpi intermedi e dei singoli cittadini.
Va rilanciata la solidarietà sociale: ci sarà progresso e benessere se il Governo dell’Europa si poggerà sul rispetto della dignità di ognuno e sull’aiuto che i gruppi sociali sanno proporre alla famiglia e alle persone in difficoltà. Poche, essenziali regole condivise universalmente, per istituzioni che siano capaci di valorizzare tutte le energie della società, che siano garanti e non padrone della vita dei cittadini.