Secondo un rapporto del Consiglio d’Europa reso noto ieri, il nostro Paese detiene la “maglia nera” in Europa per la lentezza dei procedimenti giudiziari. Nel 2011, infatti, l’Italia è risultata lo Stato europeo con il maggior numero di sentenze non applicate: 2.522 su un totale di 10.689. La classifica 2011 degli Stati inadempienti stilata a Strasburgo, vede alle nostre spalle la Turchia con 1.780 casi, seguita da Russia con 1.087, Polonia (924) e Ucraina (819). È il quinto anno consecutivo che l’Italia è in testa a questa poco gratificante classifica. L’inefficienza della giustizia italiana costa alla collettività una quota pari all’1% del Pil.
Purtroppo quello della lentezza non è il solo grande problema che affligge il nostro sistema di giustizia: il più evidente di questi è il sovraffollamento delle nostre carceri, nelle quali sono stipati 68mila detenuti in condizioni logistiche adeguate a 45mila persone. Come ha ricordato il Presidente della Corte di Cassazione Lupo, in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario, questo fatto “è palesemente incompatibile con i principi della Costituzione e della Convenzione per i diritti umani, principi che non possono ammettere deroghe nemmeno in nome delle difficoltà economiche”.
La lista delle storture in seno alla nostra giustizia potrebbe andare avanti ancora molto. Ma al di là dei dettagli, il problema di fondo sta nel fatto che tutte le soluzioni che i Governi di questo Paese mettono sul piatto sono messe in forse dalla virulenza dello scontro tra politica e giustizia. Sono convinto che guardare all’Europa e auspicare un’armonizzazione dei sistemi di giustizia possa essere un primo grande passo per migliorare le condizioni della giustizia italiana.
Ma a che punto è questa armonizzazione? Per istituire un vero e proprio sistema di diritto europeo, secondo il Commissario europeo Viviane Reding, occorre riformare innanzitutto la Corte di Lussemburgo, “per snellire le pratiche arretrate e rendere più efficace il diritto dei cittadini a presentare ricorso”. È inutile però nascondersi: l’Unione europea influisce in maniera molto marginale sull’efficienza dei sistemi di giustizia dei paesi membri, che sono profondamente diversi tra loro. Un’armonizzazione in questo senso, che parta dalla valorizzazione e dallo scambio delle buone prassi, gioverebbe anche ai paesi più virtuosi.
Pochi mesi fa il Parlamento europeo ha dato vita a una Commissione speciale contro la criminalità organizzata, la corruzione e il riciclaggio di denaro in Europa: si tratta di uno strumento molto importante per far comprendere a tutti i benefici che porterebbe un sistema europeo di giustizia. Il principale obiettivo di questa commissione è quello di favorire lo scambio di esperienze e buone prassi attraverso audizioni di magistrati e giuristi provenienti da tutta Europa.
Lo stesso obiettivo ha nel nostro Paese il progetto nazionale “Diffusione di buone pratiche negli uffici giudiziari”. Questo progetto è frutto di un accordo tra il ministero della Giustizia, il Dipartimento per la Funzione Pubblica, il ministero del Lavoro e le Regioni italiane sottoscrittrici per favorire la diffusione sul territorio nazionale della positiva esperienza di innovazione organizzativa e di miglioramento della qualità dei servizi realizzata dalla Procura di Bolzano con la precedente programmazione del Fondo Sociale Europeo 2000-2006. Solo attraverso il coinvolgimento di un numero sempre più ampio di attori, a ogni livello istituzionale, possiamo sperare di uscire da una situazione molto critica.
Il nuovo sistema di diritto europeo contribuirebbe senza dubbio a contrastare quegli atteggiamenti che il Presidente della Repubblica aveva cosi descritto: “Che fanno apparire la politica e la giustizia come mondi ostili, guidati dal sospetto reciproco, mentre comune deve essere la responsabilità nel prestare un servizio efficiente ai cittadini”. Spero che nessuno si illuda che senza Silvio Berlusconi al Governo la stagione delle contrapposizioni preconcette sia alle nostre spalle. Questo è un equivoco da chiarire subito, anche perché la crisi in cui ci troviamo non ci consente di perdere un solo secondo con strumentalizzazioni fini a se stesse.
L’esistenza di un sistema di giustizia efficiente è un indice di competitività del sistema-Paese. Rendere più efficiente la giustizia italiana ed europea vuol dire contribuire in maniera decisiva alla ripresa economica e a un ripristino della fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni italiane e del progetto europeo.