Non lo dovremmo ammettere, ma molte delle convinzioni che da molti anni portiamo avanti, il risultato di decenni di progressi, sono pesantemente minacciate. La nostra convinzione che il mondo avrà sempre bisogno dei prodotti europei. La nostra convinzione che l’Europa ha lavoro per il suo popolo e questo standard crescerà sempre. La nostra convinzione che le nazioni europee saranno per sempre leader economici globali. Una dopo l’altra, queste convinzioni sono messe in dubbio.

Guardiamola in questo modo: se l’attuale trend dovesse continuare, fino alla metà del secolo, le nazioni leader dell’Unione europea non rientreranno più nelle dieci economie più potenti al mondo. L’Europa ha vissuto quattro anni di crescita annua vicini alla recessione, e i nostri tassi di crescita sono oggi la metà di quelli pre-crisi. Senza riforme, l’Europa cadrà ulteriormente sotto i nostri competitor e non recupererà mai l’indotto perso nel periodo della crisi.

La Commissione europea dice che senza una riforma l’Europa potrebbe crescere soltanto dell’1,5% per il prossimo decennio. Compariamo questo dato con l’attuale crescita in Brasile al 4,1%, India 8,2%, Cina 9,5%. Mentre noi accogliamo con favore la crescita delle economie emergenti, non dovremmo ritirarci dalla prima linea del progresso tecnologico ed economico. Senza una crescita sostenibile e forte, il nostro futuro è meno sicuro, e i modelli sociali di ogni Paese europeo saranno insostenibili.

Per realizzare il nostro sogno di un’Europa equa, con lavori di qualità e ben pagati, con piena occupazione, dobbiamo essere più produttivi. Dobbiamo aprirci al mondo e guidare commercio ed esportazioni. Abbiamo bisogno di comprendere cosa ci ostacola, in modo da capire cosa cambiare. Abbiamo bisogno di capire i freni alla crescita. Il Mercato unico è la più grande conquista economica europea. Ci dà un vantaggio competitivo, e ci permette di essere un attore globale insieme agli Stati Uniti e alla Cina.

I nostri 500 milioni di consumatori generano 12 trilioni di euro ogni anno nel più vasto mercato economico del mondo. Ma c’è ancora molto da fare, e la Commissione europea fa bene a farne una priorità. Solo il 12% del commercio online dell’Ue è oltre confine. I consumatori in una determinata zona dell’Ue sono spesso prevenuti nel comprare beni digitali da qualcun altro. Basti pensare solo che i cittadini Ue hanno accesso a iTunes in soli 15 paesi membri. I benefici che abbiamo avuto con la liberalizzazione dell’industria aeronautica devono essere ancora realizzati in campo ferroviario o in altre forme di trasporto.

Questi sono solo alcuni esempi, ma ce ne sono molti altri. Il mercato unico immette ogni anno 600 miliardi di euro nella nostra economia. Ulteriori liberalizzazioni di servizi e la creazione di un mercato unico digitale potrebbero immettere 800 miliardi di euro in più. Stiamo parlando dell’equivalente di 4200 euro in più per famiglia ogni anno. 

L’Europa può fare di più per aprirsi al mondo. Se diamo vita a nuovi mercati, con un accesso aggressivo a nuove fonti di ricchezza, e riduciamo le barriere al commercio tra l’Unione europea a gli altri mercati dinamici, il premio sarebbe enorme: l’Europa potrebbe guadagnare 5,5 milioni di posti di lavoro, più di quanti ne abbiamo persi durante la recessione.

Il libero mercato contribuisce a far scendere l’inflazione e fanno aumentare l’indotto. Il libero mercato ci ha aiutato a far crescere l’indotto dei lavoratori del settore manifatturiero nelle economie europee più grandi di circa 3.600 euro a lavoratore fino a quando le barriere non hanno incominciato a cadere. Il fallimento nella rimozione delle barriere al commercio con alcune delle economie più dinamiche del mondo ci costa soldi e posti di lavoro, non ultimo rendendo i beni importati che noi utilizziamo molto più costosi, e i prodotti che produciamo ed esportiamo molto meno costosi.

Commerciare in Europa è molto costoso in termini di soldi e di tempo. Anche l’attuale Governo italiano dovrebbe rendersi conto che le regole burocratiche soffocano le nostre piccole e medie imprese; per ogni euro per lavoratore che una grande impresa spende per adempiere alle regole, una piccola impresa ne spende più di 10. Le compagnie europee spendono 8 miliardi di euro ogni anno per adempiere ai regolamenti Ue. Una volta che le aziende possono aprire ed espandersi ovunque nel mondo, questo diventa subito insostenibile.

Se aprire un’azienda costa 593 euro in Brasile, 641 in India e 644 negli Stati Uniti, perché nell’Unione europea costa in media 2.285 euro? Dobbiamo mettere fine a questi ostacoli che ci imponiamo da soli, perché ci costano molti soldi e posti di lavoro. I cittadini, se lasciati liberi di intraprendere, sanno benissimo come fare a farci tornare a crescere. Non cresciamo con le tasse e con il dirigismo, ma cresciamo se siamo liberi di scegliere quale sia il modo giusto per ottenere questa crescita

L’Europa sa bene come si fa a innovare. Siamo leader mondiali nelle scienze, manifatture, aerospazio, telecomunicazioni e tecnologie a basso consumo energetico. Gli europei hanno inventato il web, disegnato e costruito automobili e aerei. Ma se ci adagiamo proprio adesso, non soltanto saremo superati, ma saremo lasciati indietro di molto. Ad esempio, la Cina domina gli investimenti globali in energia pulita (35 milardi di dollari nel 2009). La loro ambizione è grandissima. Dovrebbe esserlo anche la nostra.