È un segno di irresponsabilità, di politica della peggior specie: i socialisti spagnoli si sono uniti alle proteste dei sindacati contro le misure di austerità nella sanità e nell’istruzione del Governo di Mariano Rajoy. Va detto che queste misure si sono necessarie anche perché un governo socialista non è riuscito a fare a suo tempo una politica adeguata. La cosa peggiore, tuttavia, non è la decisione di breve termine della sinistra spagnola, ma la scelta nociva di strumentalizzare il malcontento e il disorientamento dei cittadini parlandogli di un paradiso socialdemocratico che in Spagna è ormai scomparso.

Il mondo, il Paese, la vita non saranno più come prima. E usare il desiderio del popolo, nella fattispecie quello di benessere, per garantire qualsiasi tipo di potere, in questo caso dell’opposizione, costituisce un pericoloso contributo alla polarizzazione ideologica. Ma tutta questa spirale negativa non può portare a tacere gli errori commessi dal governo di Mariano Rajoy in uno dei momenti più delicati della storia recente.

L’esecutivo di centrodestra è composto da una squadra solida, con ministri capaci, che hanno realizzato cambiamenti decisivi come quello della riforma del mercato del lavoro. I loro tentativi di far fronte alle perdite immobiliari del settore finanziario e di ridurre i deficit delle Comunità autonome sono notevoli. È un governo che settimana dopo settimana prende iniziative e che in circostanze normali si sarebbe distinto per la buona capacità di gestione. Ma le circostanze non sono normali e spesso Rajoy e i suoi uomini si sono trovati sopraffatti.

Il bilancio è arrivato in ritardo e questo ha generato una sfiducia pericolosa. I tagli inizialmente presentati di 27,3 miliardi di euro si sono rivelati dopo poco tempo insufficienti. È stato quindi necessario togliere 10 miliardi all’istruzione e alla sanità. Qualche giorno dopo si è dovuto fare un nuovo annuncio: l’aumento dell’Iva nel 2013. Tutti sapevano che senza un aumento dell’Iva i conti non sarebbero potuti quadrare, ma solo quando questa misura è stata richiesta da Fmi e Bruxelles è arrivato l’annuncio.

L’agenda dei tagli è mal organizzata. Molti hanno la sensazione che il sistema dei ticket sanitari, l’aumento delle tasse universitarie e dell’Irpef e l’insieme delle nuove misure comportino già un grande sacrificio. In realtà, siamo solo all’inizio. E questo stillicidio non è una cosa buona.

Per non parlare della comunicazione. La politica si eleva quando è al servizio della coscienza del popolo, quando sa portare alla luce l’energia sociale di cui ha bisogno un cambiamento come quello che è richiesto alla Spagna. E si abbassa quando è solamente gestione e non è capace di segnare una direzione chiara e comprensibile. Rajoy non appare, non spiega, non risponde.

Rajoy è salito al potere dicendo che la sua più grande virtù era quella di essere “un uomo prevedibile”. Si capisce quello che voleva dire se si pensa al periodo degli “esperimenti” di Zapatero. Ma questo non è il tempo del prevedibile. Né in politica, né in campo sociale. In un Paese che è costantemente minacciato da un intervento esterno e che vedrà il tasso di disoccupazione restare sopra il 22% fino al 2015, il prevedibile, l’ordinaria amministrazione è insufficiente.

L’imprevedibile è compito non solo dei politici, ma anche, e soprattutto, della società. A conclusione della loro Assemblea Plenaria, i vescovi spagnoli hanno sottolineato che il tempo della crisi è un tempo per la carità. Una delle dimensioni essenziali della carità è l’aiuto al prossimo. Ma la carità, prima che un’espressione di solidarietà, coincide con la stima del valore che ogni persona ha in sé, a partire da se stessi. Le risposte imprevedibili che richiede questa crisi nell’innovazione, nello sfruttare nuove opportunità e in molti altri campi, sono possibili se ognuno è cosciente del valore della propria persona.

Se la consapevolezza del valore dell’io è chiara, né il potere, né le circostanze avverse possono frenare la sua capacità di costruire. È il tempo della persona, quindi è il tempo dell’imprevedibile.