Ogni anno sono circa diecimila le navi europee che solcano i mari nelle aree più pericolose del pianeta. Il moltiplicarsi degli episodi di pirateria e l’evidente difficoltà delle forze di polizia internazionali di contrastare un fenomeno in esponenziale aumento devono allarmarci non poco. Nel 2011 sono stati segnalati il dirottamento di 28 imbarcazioni e il sequestro di 470 marinai, di cui 15 assassinati, mentre sono state catturate almeno sette navi con richiesta di riscatto. Quasi 200 marinai sono tenuti in ostaggio nella sola Somalia, in condizioni orribili e disumane. E’ un problema di ordine economico che pesa sul commercio internazionale ed è un problema di sicurezza dei nostri cittadini nel mondo.

Il trasporto marittimo è stato, durante l’intera storia europea, uno dei cardini della crescita economica e della prosperità del continente. Inoltre più dell’80% del commercio mondiale avviene via mare. Di conseguenza, l’Unione europea ha un grande interesse a contribuire alla sicurezza marittima internazionale.

Da mesi in Parlamento europeo chiediamo all’Alto rappresentante per la politica estera Ue di adoperarsi per salvare le centinaia di cittadini europei che sono attualmente nelle mani dei pirati. La pirateria richiede interventi e misure appositamente elaborate  in virtù delle pesanti ripercussioni sull’economia internazionale e sul livello generale di sicurezza e stabilità.

Quello avvenuto due giorni fa è un evento di portata storica: per la prima volta dall’inizio di Atalanta, la missione europea contro la pirateria nel Corno d’Africa creata nel 2009 – gli elicotteri della Navfor hanno bombardato le basi dei pirati sulla costa somala. L’attacco non ha provocato né vittime, né feriti. Sono state prese di mira cinque imbarcazioni ormeggiate nei pressi di Hardhere, una delle più note località in cui i pirati nascondono le navi sequestrate e i numerosi ostaggi. «Quest’attacco – ha commentato soddisfatta il capo della diplomazia europea Catherine Ashton – aumenterà la pressione sui pirati e servirà ad ostacolare le operazioni di assalto ad imbarcazioni ed equipaggi in mare».

E’ importante sottolinearne l’altissimo valore simbolico dell’operazione. L’Unione europea ha finalmente compreso che è arrivato il momento di porre rimedio all’ingiustificata assenza della comunità internazionale. Da troppo anni la Somalia è abbandonata al suo destino. Una forte presenza militare aiuterebbe le autorità somale a preparare le condizioni di governance per salvare quel paese. La pirateria oggi costituisce una spina nel fianco per chi promuove la convivenza civile come asse portante della vita di un paese. Il fenomeno continua a diffondersi rapidamente nell’Oceano indiano occidentale, in particolare al largo delle coste della Somalia e del Corno d’Africa, ma anche in altre zone, tra cui il sud-est asiatico e l’Africa occidentale. Le coste di questi territori sono sempre più in balia di gruppi di militanti armati che assaltano le imbarcazioni a scopo di rapina o per esercitare pressioni politiche sulle autorità somale piuttosto che su quelle nigeriane o di altri paesi non lontani. Non è difficile comprendere come la pirateria sia legata alle attività sovversive delle milizie armate, che utilizzano i pirati per reperire risorse per la guerriglia. Per queste ragioni non hanno alcun senso le proteste, in Europa, di coloro che contestano la presenza di militari a bordo di navi mercantili. E’ logico che la lotta contro la pirateria non può essere vinta soltanto con strumenti militari, ma dipende soprattutto dal successo nel promuovere la pace, lo sviluppo e la costruzione istituzionale nei paesi interessati. Tuttavia senza adire la forza, e quindi portare forze speciali alle spalle e con azioni mirate, contro i pirati, noi non riusciremo a ottenere i risultati che speriamo.