La campagna, apparentemente senza fine, per l’elezione il prossimo novembre del presidente degli Stati Uniti ha finalmente raggiunto il suo ultimo stadio. Il 5 maggio, il presidente Barack Obama ha tenuto due discorsi definiti ufficialmente elettorali (vale a dire pagati dal comitato elettorale), in cui ha attaccato direttamente Mitt Romney, citandolo per nome, e ai quali Romney ha prontamente risposto. L’oggetto dei discorsi è stata la politica economica, che sarà senza dubbio il tema principale della campagna, malgrado il dibattito tocchi ogni tanto anche altri argomenti.

Visto il rilievo dato alla polemica con i vescovi cattolici sulla libertà religiosa, è possibile che i media si dedichino ora all’insegnamento cattolico su altri temi della Dottrina sociale della Chiesa, come appunto la politica economica. In quest’ottica, mi sembrano utili i seguenti punti tratti dal discorso tenuto la scorsa settimana da papa Benedetto XVI a cinque ambasciatori, non residenti, presso la Santa Sede.

Il Papa ha detto che “la crisi economica mondiale porta un numero crescente di famiglie a vivere nella precarietà. Quando la creazione e la moltiplicazione dei bisogni fanno aumentare la possibilità illimitata di fruizione e di consumo, la mancanza dei mezzi necessari per il loro accaparramento, causa sentimenti di frustrazione”. Inoltre, vi sono situazioni dove miseria ed enormi ricchezze convivono fianco a fianco, dando luogo a “un’impressione di ingiustizia che può diventare fonte di rivolta. Conviene perciò che gli Stati garantiscano che le leggi sociali non aumentino le disuguaglianze e permettano alle popolazioni di vivere in maniera dignitosa”.

Il Santo Padre ha approfondito ulteriormente il problema di una giusta politica economica e ha parlato della necessità che lo sviluppo umano coinvolga l’intera persona, non solo gli aspetti economici. “Esperienze come il microcredito e iniziative per creare patti associativi equi, dimostrano che è possibile armonizzare obiettivi economici con il vincolo sociale, la gestione democratica e il rispetto della natura”, ha affermato il Pontefice, aggiungendo: “È bene anche, per esempio, ridando loro la nobiltà che meritano, promuovere il lavoro manuale e l’agricoltura che siano, innanzitutto, al servizio della popolazione locale”.

Infine, il Papa ha raggiunto il livello più profondo della questione quando ha parlato di “un’altra forma di miseria” che non dovrebbe mai essere dimenticata, cioè “quella della perdita di riferimento ai valori spirituali, a Dio”. La perdita di questo riferimento, ha detto, “rende più difficile il discernimento del bene e del male, e anche il superamento degli interessi personali in vista del bene comune… Gli Stati hanno il dovere di valorizzare il loro patrimonio culturale e religioso che contribuisce allo sviluppo di una nazione, e di facilitarne l’accesso a tutti, perché familiarizzandosi con la storia, ognuno riscopra le radici della propria esistenza”.

“La religione – ha affermato il Papa – permette di riconoscere nell’altro un fratello in umanità. Lasciare a tutti la possibilità di conoscere Dio, e ciò in piena libertà, significa aiutare a forgiarsi una personalità interiormente forte che renda capace di testimoniare e di fare il bene anche quando costi sacrificio. Così si potrà edificare una società dove la sobrietà e la fraternità vissute prevalgano sulla miseria, sull’indifferenza e l’egoismo, sul profitto e lo spreco e soprattutto sull’esclusione”.

Si tratta a mio parere di un conciso sommario dei principi che occorre avere in mente al momento del voto a novembre. Dobbiamo ricordare che il nostro giudizio deve nascere dalla grazia del nostro incontro con Cristo ed essere testimonianza di ciò che significa essere liberi perché appartenenti a Lui, nella Chiesa e attraverso la Chiesa.

(Non sorprende che i principi sintetizzati dal Santo Padre coincidano perfettamente con quello che lo Spirito Santo ci insegna vivendo il mistero di Cristo e la Chiesa attraverso il carisma di monsignor Giussani).