Mai come in questo momento, l’Europa deve essere grata al Santo padre per l’attenzione e per l’impegno con i quali difende e promuove il fattore che più di ogni altro risente della crisi di identità del nostro continente. Dobbiamo essere grati a Benedetto XVI perché la famiglia costituisce l’asse portante della costruzione europea voluta dai padri fondatori. Ci sono ragioni ideali per cui difendere la famiglia, ma queste ragioni ideali, guardando i numeri di questi ultimi anni, ci portano inevitabilmente a constatare che la crisi della famiglia va di pari passo con la crisi economica dell’Europa.
Se non ci sarà una svolta nelle politiche demografiche, dal 2025 l’Europa comincerà lentamente a spopolarsi. Nello stesso tempo l’invecchiamento della popolazione procede rapidamente: nel 1980, in Europa, su 100 europei 22 avevano meno di 14 anni e 13 avevano superato i 65. Nel 2004 i minori di 14 anni e gli over 65 erano pari. Dal 2005, gli over 65 hanno cominciato a superare gli under 14.
Altro dato allarmante riguarda le risorse destinate dall’Unione europea alle politiche familiari. Di media i Paesi europei destinano meno dell’8% delle spese sociali per le famiglie. Come politica familiare la Ue destina il 2,1% del Prodotto interno lordo alle politiche familiari. La famiglia svolge un ruolo chiave di ammortizzatore in particolare nei problemi della disoccupazione, delle malattie, della droga, dell’esclusione ed è il primo nucleo di solidarietà nelle nostre società e non solo come unità giuridica, sociale ed economica, ma innanzitutto come unità di amore e solidarietà. Questo, in una fase di crisi come quella odierna, costituisce il più grande dei paradossi. La famiglia è la più importante risorsa economica, ma costa molto poco allo Stato. Da uno studio presentato dalla federazione internazionale per lo sviluppo della famiglia emerge che il disfacimento della famiglia cosiddetta tradizionale costa svariati miliardi di Euro ad ogni Stato membro dell’Ue.
I rappresentanti delle istituzioni europee, che oggi sembrano essere paralizzate dalla tentazione del politicamente corretto e dai pregiudizi nei confronti del Santo Padre e della Chiesa, dovrebbero al contrario essere attenti al messaggio che vuole dare il Papa con la sua venuta a Milano, nel cuore dell’Europa. Anche perché non è assolutamente esagerato affermare che la famiglia oggi è la ricchezza dell’Europa, inteso come unico strumento utilizzabile per crescere.
Gran parte dei paesi europei hanno utilizzato la famiglia come risorsa di capitale sociale utile all’impresa, senza però rigenerarla. Si è data per scontata una certa solidità della famiglia, che oggi però non c’è più. Molti problemi sociali stanno emergendo come effetti di un progressivo indebolimento della famiglia. Il tessuto sociale delle comunità locali diventa meno coesivo e più fragile, soprattutto per le nuove generazioni, il che danneggia anche le imprese e in generale il mondo del lavoro.
L’Europa è invecchiata perché non ha più la forza d’immaginare e di pensare le condizioni per il futuro. È vecchia non tanto perché sia subentrata un’ideologia antitetica a quella delle “milioni di baionette”, ipotizzata durante il periodo fascista, quanto piuttosto perché i figli, che sono il futuro, vengono normalmente visti come una minaccia per il presente. Si pensa che portino via qualcosa della nostra vita. Anche l’impero romano, come l’Unione europea, fungeva da grande cornice storica in cui erano già presenti le contraddizioni che lo avrebbero dissolto, poiché ormai privo di energia vitale. Discutiamo giustamente della crisi economico-finanziaria, dei sistemi giudiziari e fiscali, ma dobbiamo farlo in modo da garantire all’Europa un avvenire: l’Europa deve guardare all’energia vitale che ha dentro di sé, che promuova il proprio futuro.