Nessuno può vivere senza un amore personale, concreto. Senza un “tu” non si può vivere. Per questo la tragedia più grave della vita è la solitudine, intesa non solo come solitudine fisica, ma soprattutto come assenza di legami, come solitudine radicale. Anche il monaco anacoreta non è solo. Anche lui ha un tu per cui vivere, altrimenti impazzirebbe, diventerebbe un cuore di pietra.
Purtroppo però c’è sempre la possibilità che il nostro rapporto con l’altro cerchi soltanto di colmare il proprio bisogno di affetto e finisca per essere un atto egoistico, narcisistico. Anche chi ha figli può rischiare di cercare nei propri figli il riempitivo della propria vita.
La conversione dell’amore è una questione che ci riguarda tutti. Tutta la nostra vita è un passaggio dall’invidia alla purità del cuore, dalla gelosia e dal possesso alla verginità, dall’ira e dalla violenza a uno sguardo sull’altro che sappia rispettarlo nella sua identità. Si tratta di verificare continuamente il nostro sguardo e il nostro cuore. È un itinerario che può essere più facile per uno e più difficile per un altro, ma ci riguarda tutti.
Sono chiamato ad accettare la sfida che l’altro mi propone. Egli non è semplicemente un tubo che posso riempire con le mie parole o con i miei servizi, ma è qualcuno che mi invita ad aprirmi al mistero che egli rappresenta. Sono chiamato a rispettarne l’individualità. Dio, attraverso di lui, vuole il cambiamento della mia vita. Quindi è tutt’altro che facile vivere con un altro. Ma se accettiamo la provocazione che è per la nostra vita, entriamo nell’avventura più bella dell’esistenza.
Il bisogno dell’altro insito nella nostra natura è assolutamente evidente nelle dinamiche tra genitori e figli. Il “tu” del figlio è così profondamente necessario per i genitori, che essi sono disposti a sacrifici enormi, a ritmi e a fatiche che possono costare anche dolore. C’è un rapporto molto profondo tra l’amore e la fatica, l’amore e il dolore. Ma c’è un uomo, Dio che si è fatto uomo, che ha preso su di sé tutti i nostri dolori, tutte le nostre fatiche non per esonerarci da essi, ma per donare loro un senso. Se accettiamo di viverli con Lui, i nostri sacrifici sono la strada della salvezza, la nostra e quella delle nostre famiglie.