Il prossimo fine settimana in Messico si terranno le elezioni presidenziali e legislative. I risultati delle votazioni del gigante centroamericano sono sempre decisivi per tutta la regione. I sondaggi danno la vittoria di Enrique Peña Nieto (Partito rivoluzionario istituzionale, Pri) con il 44% dei voti, seguito da Andres Manuel López Obrador (Partito della rivoluzione democratica, Prd) con il 28,7% e da Josefina Vazquez Mota (Partito di azione nazionale, Pan) con il 24,6%.
Nonostante gli evidenti limiti dell’attuale Presidente Felipe Calderón e del suo predecessore Vicente Fox, il bilancio dei 12 anni di presidenza del Pan è positivo. È mancata la capacità di formare “squadre” efficaci, c’è stato troppo nepotismo e in alcuni casi corruzione. Ma è falsa l’immagine, molto diffusa su alcuni media spagnoli ed europei, di un Messico che non funziona e che è dominato dalla violenza. Come ha osservato il poeta e saggista Gabriel Zaid, “la verità è che il Messico sta avanzando da molti anni. E avanza di più da quando la presidenza conta meno”.
La fine della presidenza del Pri, avvenuta nel 2000, quando molti elettori della sinistra desiderosi di libertà hanno votato il Pan, ha favorito, secondo Zaid, una spinta della società, che è la vera protagonista dei cambiamenti. Ed è stata introdotta una legge sulla trasparenza che ha comportato una trasformazione decisiva. “La stampa, che in precedenza dedicava ogni giorno otto colonne in prima pagina al Signor Presidente, ha imparato a mettere in discussione le dichiarazioni e i silenzi ufficiali”. Sono stati compiuti progressi nella separazione dei poteri, molti cittadini si sono impegnati nella vita pubblica. È stata raggiunta l’indipendenza della Banca del Messico, c’è stato lo sviluppo di organismi autonomi e ci sono stati avanzamenti nel decentramento politico.
Sembrerà poco per chi vive in una democrazia normale, ma il Messico non lo è mai stata. Durante i 70 anni in cui il Pri è stato al potere, si è sviluppato un sistema formalmente democratico, che in realtà si basava su un clientelismo e uno statalismo soffocanti.
Alcuni dei vecchi critici, tra cui alcuni settori ecclesiali, non vedono con dispiacere il fatto che il Pri possa tornare al governo. Peña Nieto può contare su una buona immagine, il supporto di un apparato potentissimo e sulla sua promessa di rinnovare il partito. Ma, come ha detto Enrique Krauze, direttore di “Letras Libres” (rivista letteraria e culturale ispanoamericana) e discepolo di Octavio Paz (Nobel per la letteratura), è difficile che il Pri cambi. “I suoi vizi – dice – sono radicati nella sua mancanza di autocritica. Non ha un impegno credibile verso la legalità e l’onestà. Il fatto di averlo visto agire in maniera opposta per decenni rafforza lo scetticismo”.
La questione decisiva è la libertà religiosa, che in Messico non è ancora completa. Solamente negli ultimi mesi è stata portata avanti la riforma dell’articolo 24 della Costituzione. Il cambiamento di questo articolo consentirebbe, anche se in modo molto restrittivo, di celebrare atti religiosi in luoghi pubblici. La modifica è stata promossa congiuntamente da Pri e Pan. Ma il Pri è diviso e ci sono settori anticlericali che la vogliono boicottare. Di fatto, il cambiamento deve essere approvato da 17 stati e sei lo hanno già respinto. Inoltre, il Pri governa in 20 dei 31 stati messicani.
Sebbene la vittoria del Pri sembri inevitabile, Krauze scriveva non molto tempo fa: “Chiunque vinca, il cittadino sarà il vero trionfatore delle elezioni. Sapremo difendere le istituzioni democratiche la cui costruzione ci è costata tanto lavoro”. L’intellettuale fa notare che il protagonismo che ha acquisito la società civile negli ultimi anni è irreversibile.
Perché quello che dice Krauze sia vero, è fondamentale il contributo della Chiesa. Nella sua visita di qualche mese fa in Messico, Benedetto XVI ha denunciato la “stanchezza della fede” che colpisce molti cattolici nel Paese. Se non si rinnova, la tradizione cattolica, che ha dato un enorme contributo al Messico, come a tutti i paesi di lingua spagnola, non sarà in grado di sostenere e promuovere il protagonismo e l’impegno nella vita pubblica che i tempi richiedono.
Il compito dei cattolici in Messico in questo momento non può limitarsi alla difesa della libertà di religione o di alcuni valori, sebbene irrinunciabili come quello della vita. Nemmeno può ridursi alla conquista di alcune particelle di potere o di influenza economica. Il lavoro da fare è alimentare il protagonismo della società e della persona a partire da un’esperienza rinnovata, in cui il cristianesimo possa essere vissuto come un incontro e non come una dottrina o una spiritualità.