Il dibattito sul matrimonio gay è ritornato con forza nell’agenda internazionale. È pronto a diventare, insieme al “tiki-taka” della nazionale di calcio “tri-campione”, un grande “contributo” della Spagna al mondo negli ultimi tempi. Si tratta del poco che è rimasto dello zapaterismo. Obama, che cerca di respingere senza successo l’avanzata di Romney, alcune settimane fa ha promesso che con la sua rielezione farà riconoscere “pienamente” i diritti dei gay. All’inizio del mese, il primo ministro francese Jean-Marc Ayrault ha fissato una data per l’impegno preso da Hollande nella campagna elettorale: nel 2013 in Francia ci sarà il matrimonio fra persone dello stesso sesso. E in Uruguay un giudice ha riconosciuto gli effetti di un matrimonio omosessuale celebrato in Spagna.

Molto probabilmente prima della fine di luglio la Corte Costituzionale spagnola si pronuncerà sulla riforma del 2005 di Zapatero. La sentenza arriverà poco prima che i nuovi magistrati eletti da Pp e Psoe entrino in carica. I pareri giunti dal Consiglio generale del potere giudiziario (l’equivalente del Consiglio superiore della magistratura, ndr) e dal Consiglio di Stato hanno chiarito che il matrimonio tra persone dello stesso sesso è contro la Costituzione spagnola. Sebbene la Costituzione del ‘78 sia tra le più recenti ed esaustive nella definizione dei diritti in Europa, appare chiaro che il diritto sancito nel testo riguarda il matrimonio tra uomo e donna. Tuttavia la sentenza avrà carattere politico e, salvo sorprese dell’ultima ora, dirà che la riforma è costituzionale.

Il Pp, che si trova al governo e che aveva presentato il ricorso, accoglierà con sollievo questo pronunciamento. Sarà infatti una buona scusa per non intraprendere una “controriforma” con cui i popolari non intendono compromettersi. A differenza di quanto successo tra i socialisti francesi, nella destra spagnola non c’è stato dibattito su questo tema. I socialisti francesi in questi ultimi anni hanno portato argomenti laici molto interessanti per difendere i matrimoni eterosessuali. Ségolène Royal, l’ex moglie di Hollande, a suo tempo ha detto che “la famiglia e l’autorità dei genitori sono valori da rafforzare”. E nella sinistra francese c’è chi ancora la pensa come Jospin. L’ex primo ministro ha giustamente affermato nel 2004 che in questo dibattito la questione non è “l’uguaglianza di diritti, perché tale uguaglianza non deve annullare ogni differenza”.

In realtà, la grande questione in gioco è il valore della differenza. È necessario sostenere gli argomenti giuridici ed etici riguardo il carattere eterosessuale del matrimonio. Ma un’enfasi eccessiva su questo approccio può far dimenticare che ciò che conta è che ci troviamo di fronte alla fine di un percorso antropologico che ha avuto inizio a metà del secolo scorso. Lo ha descritto con precisione Jesús Trillo nel suo libro “Una rivoluzione silenziosa”: dalla rivoluzione sessuale alla perdita del sesso come dato di fatto e alla sua sostituzione con il genere.

Il postulato essenziale lo ha formulato Foucault spiegando che “la sessualità non è semplicemente una realtà naturale che le diverse società reprimono, ma è il risultato di un processo complesso”. L’identità sessuale si fabbrica non si riceve. Il matrimonio omosessuale non è altro che l’espressione giuridica e simbolica di un uomo (o di una donna) che si autocostruisce senza accettare nessun tipo di identità precedente. È la prova più schiacciante che tutto un mondo è finito. Gran parte della civiltà e tradizione occidentale, così come l’abbiamo conosciuta fino ad adesso, è scomparsa.

Questa tradizione, che non è presente solo nella questione sessuale ma in ogni aspetto della vita, riconosceva come positivo quello che veniva dalla natura ed è ora scomparsa dal tessuto abituale della coscienza, dall’esperienza quotidiana. Il matrimonio omosessuale certifica che le grandi istituzioni generate dal cristianesimo (il matrimonio c’era anche prima del cristianesimo, ma era un’altra cosa) si stanno dissolvendo.
Le nuove generazioni sono già educate in una cultura in cui il valore della differenza sessuale, custodito finora dalla fede, è scomparso. Il sesso, più che un tratto caratteristico che permette di relazionarsi con ciò che è diverso e complementare, si è trasformato in rifugio del “già noto”. In una fonte di risentimento continuo.

È inutile, in questo contesto, arrabbiarsi o rivendicare un passato che è scomparso. Siamo più che mai nel tempo della persona. In questi tempi serve solamente la testimonianza di una sessualità intensa, complementare, di un amore tra differenze capaci di fecondità.