L’Europa messa in ginocchio dalla crisi può tirare un piccolo sospiro di sollievo. Tra le tante difficoltà ancora presenti c’era il rischio di un grande shock proveniente da uno degli ultimi Stati che hanno preso parte al progetto europeo. Il Presidente romeno Traian Basescu resta in carica. Il referendum attraverso il quale gli oppositori (membri della maggioranza di governo) hanno chiesto la sua destituzione non ha infatti raggiunto il quorum del 50% più uno degli aventi diritto.

In quella che viene considerata la più grave crisi politica e istituzionale della Romania dalla caduta del regime comunista di Ceausescu nel 1989, il governo di centro-sinistra accusava Basescu di aver violato la costituzione attirando su di sé poteri e prerogative non sue, e di aver fortemente impoverito la popolazione con le pesanti misure anti-crisi imposte al Paese in accordo con Ue e Fmi. La crisi è iniziata lo scorso 27 aprile, quando una mozione di censura dell’opposizione ha fatto cadere il governo di centro destra. E’ stato lo stesso Basescu a designare il social-democratico Victor Ponta alla premiership. Il nuovo governo ha ottenuto la fiducia il 7 maggio. Subito sono arrivate diverse critiche in direzione di Ponta, che ha minacciato a più riprese di sostituire i giudici della Corte Costituzionale e di ridurre i poteri dell’organismo. Di fatto all’inizio di luglio il nuovo premier ha revocato i presidenti delle Camere mentre la Corte Costituzionale ha denunciato un attacco senza precedenti da parte dell’esecutivo. Dopo il referendum, in molti hanno festeggiato: il tentativo di Ponta aveva tutte le sembianze di un golpe camuffato da impeachment. Ora l’auspicio è che si possa arrivare ad un cambiamento di atteggiamento da parte del premier, che resta il principale oppositore del capo dello Stato. L’urgenza principale per il paese è quella di mettere fine a una crisi politica che ha sollevato le critiche di Bruxelles sui metodi utilizzati dallo stesso Ponta per mettere fuori gioco l’impopolare Basescu, al potere da otto anni.  La disputa tra Basescu e Ponta ha anche messo in pericolo il pacchetto di aiuti da 5 miliardi di euro del Fondo Monetario Internazionale.

L’instabilità politica del paese est europeo accentuata da questo tentativo di impeachment nei confronti del capo dello Stato deve ora terminare. Le istituzioni europee hanno giustamente già fatto sapere che non saranno più tollerate azioni politiche così irresponsabili. Il tentativo di suicidio istituzionale del Governo di centrosinistra romeno è reso evidente dal grave danneggiamento della credibilità internazionale di Bucarest. Questo rende cento volte più vulnerabile la Romania e quindi l’Unione europea di fronte e alle turbolenze dei mercati. La Romania, così come molti altri paesi europei, ha un urgente bisogno di riforme, non ha bisogno di misteriosi ed oscuri accordi di potere tra il capo dei socialisti e quello dei liberali. Il popolo romeno desidera vivere negli standard europei e non vuole essere prigioniero di un’agenda parallela scritta da personaggi forse ancora legati allo stile e alle consuetudini del periodo comunista. Ciò che è avvenuto in Romania, per quanto completamente ignorato dai media, è un fatto di estrema gravità, che avrebbe potuto portare enormi scompensi in tutta Europa. Per la prima volta da quando esiste l’Unione europea il ruolo della legge e la democrazia sono stati messi a rischio. Il popolo romeno ha dimostrato un grande attaccamento ai valori europei. Senza questa consapevolezza e senza l’importante lavoro delle istituzioni europee in questo senso, probabilmente, oggi ci troveremmo in casa un nuovo, devastante, regime autoritario che minerebbe ogni nostra speranza di ripresa.