Embrioni amati dall’Eternità

Per padre ALDO TRENTO, la vera questione in gioco è se l’uomo è il frutto del Mistero, oppure una “passione inutile” come dice Sartre, o un “essere per la morte” come afferma Heidegger

Nella confusione in cui viviamo, in cui non si riconoscono più né il Mistero né la presenza del Divino fatto carne in Cristo, e quindi la dignità unica e irripetibile dell’uomo, la sfida è di renderci conto che siamo creature amate dall’eternità. I pazienti della mia clinica in Paraguay che si trovano in uno stato vegetale sono apparentemente inutili, ma io vedo in loro il riverbero, i riflessi e il vibrare dell’Essere. Allo stesso modo, quel piccolo nucleo che può essere l’incontro tra lo spermatozoo e l’ovulo umano è già la presenza del Mistero. Io devo solo riconoscerlo, adorarlo e abbracciarlo.

Lo vedo nella mia situazione in cui l’ipotesi di un Parkinson mi blocca. La vita vale perché è, non perché si svolge in una certa maniera. L’uomo è stato pensato dall’eternità: “Prima di formarti nel ventre di tua madre, io ti ho conosciuto e ho pronunciato il tuo nome”. L’uomo è frutto del pensiero di Dio.

In molti si chiedono come si possa spiegare queste cose a chi non crede in Dio, ma in realtà non si tratta di fornire una spiegazione. Dalla mia amicizia con il presidente della Repubblica del Paraguay, Federico Franco, è nata una politica che va in una direzione totalmente opposta rispetto a un tempo. In un suo recente discorso ha parlato di “rispetto della vita umana dall’inizio all’ultimo istante”, e il motivo è che viene da un’esperienza umana nella quale la ragione è guardata nella sua totalità di fattori. Sul concetto di genere, oltre che su aborto ed eutanasia oggi ha un’altra visione rispetto a un tempo.

Dobbiamo realmente ripartire dalla domanda su che cosa siano l’uomo e la ragione, perché è da qui che si può costruire un dialogo. Tutto il resto è soltanto una questione di voti e di convenienza politica. Partendo dalla domanda su chi sia l’uomo e da dove viene, è possibile comprendere il motivo per cui una politica in favore della vita sia resa necessaria dalla ragione prima ancora che dalla fede. Se la ragione è la misura di tutte le cose, allora a contare sono solo l’opinione e gli stati d’animo. Ben diverso è se la ragione è concepita come una finestra sull’Infinito, e permette di avere l’umiltà di riconoscere che comunque c’è qualcosa più in là di ciò che possiamo pensare e immaginare.

Otto mesi fa nella mia clinica in Paraguay abbiamo ricoverato un ragazzo che quando è arrivato voleva togliersi la vita, e che ieri è morto per la sua malattia con gli occhi rivolti al cielo e dicendo “Grazie Gesù”. Molti sono nella posizione in cui era lui perché non hanno mai incontrato la verità del cristianesimo, come esperienza di vita e come risposta a una domanda essenziale della ragione che si affanna in ogni istante per aprirsi all’infinito. 

E’ quindi una questione di testimonianza. Il mio ospedale in Paraguay è la testimonianza di un fatto possibile perfino a livello di struttura, che dice che cosa è la ragione e rappresenta un’apertura senza confini a tutte le persone. Di recente sono stato chiamato a parlare come relatore ufficiale alla Banca Mondiale di Washington su come il Terzo Mondo possa auto-sostenersi. Quando hanno capito che la mia posizione sull’omosessualità era molto differente rispetto alla loro ideologia, il mio ruolo ufficiale è stato cancellato. Da un lato erano affascinati dall’esperienza che avevano visto in me, ma dall’altra c’è una specie di rabbia perché c’è un fatto che si impone.

Il nostro lavoro è quindi quello di risvegliare la ragione, perché senza questo risveglio e questa offerta di testimonianza su che cosa è la ragione nella sua verità, è impossibile dare una risposta a domande come quella se una vita valga sempre e comunque la pena di essere vissuta. E’ facile per esempio condannare il comunismo per le sue conseguenze, ma ciò che va messo in discussione è la concezione di uomo che sta alla sua base. Cioè se per me l’uomo è il frutto del Mistero, o una “passione inutile” come dice Sartre, e un “essere per la morte” come dice Heidegger. Dobbiamo confrontarci e approfondire il punto di partenza, perché altrimenti sul resto diventa impossibile capirsi.

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