La scorsa settimana il Venezuela è entrato nel Mercosur, uno degli ultimi tentativi di integrazione commerciale dell’America Latina. Hugo Chávez – malato e vicino alle elezioni cruciali del prossimo ottobre – ha quindi proclamato la nascita della quinta potenza economica mondiale. In realtà, il Mercosur già tratta alla pari con i grandi della Terra e non ha certo bisogno del Venezuela per raggiungere grandi numeri. Ma Chávez, titolare di un regime dittatoriale (secondo gli analisti più raffinati è di sinistra “quasi-fascista”), ha bisogno di mettersi in mostra in questo modo davanti ai suoi elettori.

Chávez è quello che Enrique Krauze, messicano e uno dei grandi intellettuali latino-americani del momento, considera un “redentore”. Uno dei personaggi che, come Ernesto Che Guevara a Cuba, Evita Perón in Argentina, Emiliano Zapata in Messico e tanti altri nel XX secolo hanno beneficiato di un “trasferimento di sacralità” e sono diventati leader religiosi-politici, pretendendo di raggiungere la salvezza finale del popolo attraverso un progetto rivoluzionario. Non è esagerato dire che l’uscita di Redentori, l’ultimo libro Krauze, può essere considerato come uno degli eventi culturali più importanti dell’anno in America Latina. Mentre nel suo Messico si chiudeva un ciclo, con il ritorno del Partito rivoluzionario istituzionale (Pri) alla presidenza (dopo aver esercitato fino al 2000 quella che alcuni hanno chiamato una “dittatura perfetta”), Krauze ha pubblicato la sua opera che è, come lui stesso dice, “una storia delle idee politiche dell’America Latina dalla fine del XIX secolo ai giorni nostri”.

Si tratta di un lavoro importante. Dopo lunghi decenni in cui le basi culturali della vita politica in America Latina sono state dettate dal marxismo, persino dopo la sua sconfitta, con questo libro di Krauze compare un’interpretazione assolutamente liberale che rivendica il meglio di quello spirito che ha portato la regione all’indipendenza. Il volume è brillante. In 500 intense pagine, in cui si racconta la biografia di 12 personaggi, si vede un ampio ritratto dell’America di lingua spagnola che è diventata anti-imperialista, nemica inconciliabile degli Stati Uniti dopo la guerra di Cuba nel 1898. Di un’America che ha abbracciato tutti i tipi di populismo, comunismo e indigenismo.

Si denuncia accuratamente la ricerca di soluzioni che si sono rivelate “trappole” attraverso leader che, come nel caso di Hugo Chávez, sanno sfruttare a proprio vantaggio il popolo e la sua povertà. Una presenza cristiana che voglia fare i conti con la storia dovrebbe dialogare con i postulati di Krauze. La tesi ultima dell’autore messicano infatti è che il susseguirsi dei “redentori” che hanno dominato e continuano a dominare la scena latinoamericana fiorisce grazie al passato cattolico e all’eredità spagnola del continente. Krauze, che si considera discepolo di Octavio Paz, il grande poeta messicano, polemizza con alcune tesi del suo “maestro”.

Il Paz marxista dei primi tempi affermava che il cattolicesimo della monarchia spagnola aveva fatto di più per l’integrazione degli indios rispetto al liberalismo su cui si è basata l’indipendenza. Secondo Krauze, tuttavia, il cattolicesimo, il mantenimento di un certo ordine, ha contribuito a questa “sacralizzazione del potere” che ancora vediamo in Hugo Chávez e Fidel Castro, e forse persino nel ritorno al governo del Pri in Messico. “L’etica missionaria si è trasferita dalla sfera religiosa a quella laica, dai padri redentori ai redentori civili e rivoluzionari”, dice Krauze.

Sta tornando il vecchio anticlericalismo latino-americano? Quel che è certo è che questo nuovo pensiero liberale ha bisogno di una risposta seria. Ci sono alcune questioni che si risolvono rapidamente: la tradizione politica cattolica del XVI secolo non ha nulla a che fare con la deificazione dello Stato, nonostante quello che dice Krauze. Le scelte fatte negli ultimi decenni dalla Chiesa latino-americana in favore dei più poveri e degli “esclusi” non sono state causate da una “contaminazione marxista”. L’educazione cattolica non alimenta di per sé il leaderismo. Ma certamente c’è un “trasferimento di sacralità”, che non è però causato da un “eccesso di fede”, bensì da una mancanza di fede. Ed è con questo fenomeno che occorre fare i conti.

Già alcuni mesi fa Benedetto XVI in Messico aveva parlato della “stanchezza della fede”. Il dialogo con i liberali latino-americani può essere fecondo sempre che non vogliano imporre (in modo poco liberale) il relativismo. I cattolici sono i primi a essere contro i “redentori”. Danno “a Cesare quello che è di Cesare”, ma sanno che perché questo sia possibile bisogna dare “A Dio quello che è Dio”.