Lo shutdown del governo federale continua e gli americani cominciano ad esserne stanchi. Secondo i sondaggi, circa il 70% degli americani accusa il Partito Repubblicano di aver provocato la “chiusura” del governo rifiutandosi di negoziare con Obama e i Democratici un accordo diretto a migliorare l’attuale riforma sanitaria, la cosiddetta Obamacare. I dipendenti federali verranno ripagati per quanto perso durante lo shutdown, ma per tutti gli altri… solo sorry!

E ora si sta avvicinando sempre più una nuova crisi, perché nel giro di una settimana il governo degli Stati Uniti avrà finito i soldi e non potrà pagare i suoi debiti. (Se continua così, potrei essere chiamato a fare da consulente economico, dato che sono riuscito più volte a sopravvivere a shutdown e debiti).

Prima o poi, sia lo shutdown che la crisi del debito finiranno, ma c’è un parte dell’amministrazione dello Stato che non può essere chiusa o non pagata: la Corte Suprema degli Stati Uniti, la cui nuova sessione è iniziata lunedì scorso e che si trova a dover affrontare una serie notevole di controverse questioni. La rivista online The Week ne ha pubblicato un elenco.

Una prima questione riguarda la costituzionalità delle nomine presidenziali che richiedono l’approvazione del Senato, ma che entrano in funzione quando il Senato non è in seduta o è in “sospensione”. In questi casi non è in discussione l’autorità del presidente, ma il fatto che gli esperti di diritto costituzionale (ricordiamoci che il Presidente Obama è tra questi…) hanno opinioni differenti su cosa debba intendersi per sospensione.

Un secondo caso è quello dei finanziamenti alle campagne elettorali. Su questo argomento vi era già stato, nel 2010, uno scontro tra Obama e John Roberts, giudice capo della Corte Suprema, quando la Corte riaffermò il diritto delle società di finanziare le campagne elettorali.

Poi vi è la questione di costituzionalità dell’uso invalso in una piccola città dello stato di New York di aprire la seduta inaugurale del consiglio comunale con una breve preghiera, recitata normalmente da un ministro del culto cristiano, cui viene attribuito il titolo di “cappellano”. Qui il punto non è la diversità religiosa, ma la costituzionalità della preghiera stessa durante una attività pubblica di governo, cioè se questo sia contro il Primo Emendamento della Costituzione sulla libertà religiosa.

Nel 1983 la Corte Suprema ha approvato tali pratiche, definendole una questione di tradizione, piuttosto che di credo religioso. La preghiera, cioè, in questi casi non è una vera preghiera, ma qualcosa di simile all’adornare le vie della città con i coniglietti di Pasqua, le zucche di Halloween e gli alberi di Natale.

Vengono quindi le questioni riguardanti la vita, in primo luogo quanto va sotto il nome di “diritti riproduttivi”, come il fatto che l’Obamacare chieda alle società di offrire piani assicurativi comprendenti il controllo delle nascite. Questo obbligo è stato contestato soprattutto da istituzioni religiose, che si sono richiamate alla libertà religiosa e al Primo Emendamento.

Il problema dell’aborto è stato poi portato alla ribalta da una legge dell’Oklahoma, che ha sottoposto a controllo i farmaci utilizzati durante gli aborti nei primi mesi. La legge è stata dichiarata incostituzionale dai tribunali ordinari, ma è ora giunta in discussione alla Corte Suprema.

Infine, dovrà essere verificata anche la costituzionalità della legge che ha istituito zone cuscinetto attorno alle cliniche che effettuano aborti, aree in cui sono vietate manifestazioni di protesta. Una norma simile può essere ritenuta costituzionale? E chissà quanti altri argomenti potranno venire proposti.

Se qualcuno ha programmato un viaggio a Washington in questo periodo per visitarne i monumenti, non si preoccupi se li troverà tutti chiusi: c’è sempre il Congresso e si possono prendere fotografie della Corte Suprema. Ma attenzione alle zone cuscinetto.