Almeno per quanto sta emergendo in questo momento, sembrerebbe che il malaugurato shutdown del governo si stia avviando alla sua conclusione. I leader dei due partiti al Senato, il Repubblicano Mitch McDonnell e il Democratico Harry Reid, siano vicini a un accordo da presentare al Presidente Obama, che si pensa lo approverà, rendendo così possibile la “riapertura” del governo federale, il pagamento dei conti e l’inizio di negoziazioni che consentano, nel lungo termine, di rimettere il Paese in una sana condizione finanziaria e fiscale.
O forse no… forse la esacerbata lotta ideologica in corso a Washington continuerà fino a che una delle due parti sarà sicura di avere mortalmente ferito l’avversario.
Gli americani sono ormai del tutto stufi di tutto questo e sarà interessante vedere come reagiranno in occasione delle elezioni nel novembre 2014, le cosiddette “midterm elections”, in cui viene completamente rinnovata la Camera dei Rappresentanti e un terzo del Senato.
Nel considerare attentamente l’attuale situazione, mi sono reso conto che nelle discussioni è assente un elemento e cioè l’aspetto etico sollevato dal dibattito e i problemi che ne derivano a questo livello.
L’Episcopato cattolico ha emanato dei documenti a tal proposito, che nessuno ha letto e che non hanno avuto alcun impatto, per quanto posso dire fino a questo momento, sulla adozione di decisioni politicamente giuste.
Per questo motivo mi ha fatto molto piacere ricevere da un amico la segnalazione di un articolo del vescovo ausiliare di San Francisco, Monsignor Robert W. McElroy, pubblicato il 21 ottobre sul National Catholic Reporter.
L’articolo, dal titolo Una Chiesa per I poveri, è un’applicazione agli Stati Uniti dell’insegnamento di Papa Francesco sull’evangelizzazione e sulla giustizia per i bisognosi. A mio parere, questo vescovo ha capito bene ciò che sta dicendo il Papa. Dopo aver sentito della sua elezione e del nome che aveva scelto, mi sono reso conto di ciò che sarebbe accaduto con il nuovo Papa. Il Cardinal Bergoglio ha esercitato la sua missione sacerdotale (e di leader dei Gesuiti!) in un’America Latina dove l’aspetto fondamentale, teologico, spirituale, cristologico, sociologico e, quindi, antropologico ed ecclesiale, che tocca tutti gli aspetti della Chiesa, è proprio la povertà mortale di tanti che vivono in Paesi o regioni i cui governanti e i capi delle imprese private si dicono cattolici.
E’ in questa situazione che è nata la teologia della liberazione e i tentativi del magistero di correggere i suoi errori hanno solo confermato per molti che la Chiesa stava cercando di ripristinare la sua funzione di cappellana dei ricchi e di distributrice della loro magnanimità.
Come arcivescovo di Buenos Aires, Papa Francesco ha riconosciuto gli errori e i pericoli della teologia della liberazione, ma si è preoccupato di rispondervi dimostrando, con le parole e con i fatti, che la Chiesa della Nuova Evangelizzazione, se deve essere la comunione nata dall’incontro con Gesù Cristo, deve essere la Chiesa per i poveri.
In che modo questo si applica agli Stati Uniti? Come ci aiuta a giudicare ciò che sta succedendo nello scontro tra conservatori e progressisti? Quale è la moralità dello shutdown?