C’è una profonda distonia tra l’Italia che prende voce sulla stampa e nei talkshow televisivi e l’Italia che abbiamo conosciuto durante la diciottesima edizione di L’Artigiano in Fiera. Spesso, infatti, viene messo in risalto in modo esasperato ciò che in questo Paese non va e che genera senso d’impotenza: dalla fragilità della classe politica all’appesantimento dei conti dello Stato fino all’insopportabile pressione fiscale con gravi conseguenze economico-sociali. Sono tutte criticità che hanno il loro fondamento, ma la nostra esperienza ha acceso i riflettori su un Paese fatto di persone che cercano di dare un senso alla vita, che lavorano, che costruiscono, che si sostengono a vicenda. Lo fanno, ad esempio, i giovani designer così come i talenti emergenti della sartoria artigianale, ma anche quelle famiglie che, colpite dalla scomparsa di un proprio caro, uniscono le forze e continuano a lavorare. Emerge, in sostanza, un forte desiderio di costruire qualcosa di bello, di buono e di utile più forte di ogni usurpazione da parte delle istituzioni pubbliche. Non solo. Il pubblico immenso che ha visitato in questi nove giorni L’Artigiano in Fiera è lo spaccato di un popolo sano capace di incontrare, valorizzare e condividere le esperienze altrui. E’ gente che rincuora ed è rincuorata da quella tensione umana che cerca di donare un pezzo di sè ad un’altra persona. Dentro questo cammino è necessario accettare la sfida della responsabilità, assumendo il coraggio del cambiamento. Lo si è visto e lo si vedrà ancora di più nei prossimi mesi attraverso la proposta che abbiamo presentato ai nostri artigiani portandoli online nel portale MakeHandBuy.com, una piattaforma E-Commerce realizzata con l’obiettivo di esportare bellezza e bontà per 365 giorni l’anno in tutta Europa e via via in tutto il mondo. Perché ogni artigiano ha in mano un’arma formidabile quanto irripetibile: la capacità di produrre e comunicare un’originalità che colpisce il cuore dell’uomo, fatto per sua natura per “palpitare” di fronte all’emozione e allo stupore della bellezza. Ma come direbbe mio nonno: “Qual è la morale di questi nove giorni?”. Sono convinto che la ripresa nasca dalla responsabilità di ognuno di noi a stare davanti alla realtà della crisi con l’umiltà del cambiamento, la necessità di supportarsi vicendevolmente, di concorrere alla crescita e allo sviluppo di un bene superiore al proprio tornaconto, di aprire la mente agli spunti e alle provocazioni che ci arrivano quotidianamente.

Se tutti (ricchi, potenti, politici, giovani, imprenditori, pensionati) si domandassero come possano concorrere al bene comune assisteremmo alla nascita del celebre “potere dei senza potere” evocato da Vaclav Havel. Certamente questa è la strada che una parte d’Italia sta perseguendo e che, salvo casi eccezionali, non ha particolare audience nello sterile teatrino di tanta nostra opinione pubblica. Ma è un vero fiume carsico che ricorda quella tradizione benedettina che ha costruito la civiltà europea.