Avevo cominciato a scrivere questo articolo sul senatore della Florida Marco Rubio, apparso questa settimana con il titolo Il Salvatore Repubblicano sulla copertina di Time. Rubio è un giovane (maggio 1971), attraente, intelligente e politicamente accorto conservatore Repubblicano che, oltrettutto, essendo di discendenza cubana, è un ispanico, fatto questo diventato molto importante per la sopravvivenza del Partito Republicano. Ho scritto di lui su queste colonne un paio d’anni fa, con qualche riflessione sulle sue idee circa fede e politica, dato che il suo definirsi cattolico è emerso durante le discussioni che lo riguardano. 



Il Partito Repubblicano ritiene che l’elettorato ispanico, i cosiddetti Latinos, sia conservatore e condivida quindi le sue politiche per quanto riguarda materie come l’aborto, il matrimonio gay, la famiglia, etc, ma non riescano a capire, invece, l’atteggiamento dei Repubblicani su altri temi che rappresentano una grave preoccupazione per gli ispanici, quali l’immigrazione, la sanità, il lavoro, e così via, sui quali il Partito Democratico ha posizioni per loro molto più accettabili. 



La Dottrina Sociale della Chiesa cattolica mette insieme entrambi gli aspetti e sarebbe interessante capire quanto Rubio conosca questo insegnamento della Chiesa e in che misura lo condivida.

Dovrò, tuttavia, rinviare questo argomento ad un’altra occasione, perché, prima che finissi l’articolo, è arrivata la notizia della decisione del Papa di dimettersi e i telefoni hanno cominciato a squillare. I media si sono subito agitati, e molto, mostrando ancora una volta la loro difficoltà a occuparsi degli eventi che riguardano la Chiesa cattolica.

Sono sempre rimasto colpito dagli atteggiamenti degli americani verso il papato. Le suore americane, mie insegnanti a Porto Rico, mi hanno abituato al rispetto e all’affetto personale per i Papi, atteggiamento di cui ho avuto conferma arrivando negli Stati Uniti per studiare. Anche dopo la crisi in seguito al Concilio Vaticano II, la figura del Papa, anche al di là della persona che occupava la Cattedra di San Pietro, è stata veramente amata dai cattolici americani.



L’atteggiamento degli ispanici è stato ben rappresentato, per quanto mi riguarda, da una povera donna che insisteva a raccontare i propri peccati a noi, a nostra volta in attesa di confessarci. Il suo più grande peccato, diceva, era di usare i contraccettivi, perché i medici le avevano detto che non doveva avere altri figli. L’altra donna presente tentava di consolarla, perché si era messa a piangere. Eravamo nel 1968 a Bogotà, in Colombia, il giorno prima della visita di Paolo VI. 

Così io osservai che dovevano sentirsi rattristate, poiché il Papa aveva recentemente riaffermato la condanna della contraccezione da parte della Chiesa. Ed ecco cosa disse la mia “peccatrice”: “Oh no, noi gli vogliamo bene! Ha ragione a condannare la contraccezione. Usarla è chiudere la porta alle nuove persone che Dio Padre vuole creare.” Anche gli altri si unirono a queste affermazioni: “Lui difende le povere donne come noi. Oggi, è quasi solo la povera gente che ha fiducia nel buon Dio e fa bambini. Ha visto i cartelli per la sua visita? Sono ringraziamenti al Papa (non riusciva a ricordarsi il nome) per la sua opposizione alla guerra degli americani in Vietnam e all’invasione dei Russi da qualche parte (Cecoslovacchia). Vogliamo preparare un cartello che dice che le donne povere ringraziano il Papa”.

Eccoci al dunque: questo mese il pubblico presterà poca attenzione a ciò che avviene a Roma, giusto per vedere se il nuovo Papa cambierà qualcosa nelle posizioni della Chiesa…. tipo accettare la contraccezione. Marco Rubio cercherà di convincere il suo partito che le donne peccatrici di Bogotà voterebbero per lui. 

E Papa Benedetto ci avrà mostrato ancora una volta cosa significa essere un uomo libero.