Un interrogativo sta dominando il dibattito degli ultimi giorni in Spagna: tu ci credi? La domanda è stata sollevata da un articolo pubblicato la scorsa settimana da El Pais in cui si parla delle “carte di Barcenas”. Luis Barcenas, che è stato tesoriere del Partito popolare, è accusato di riciclaggio di denaro. Le sue carte sono una presunta contabilità ufficiosa del partito in cui compaiono ricavi e donazioni irregolari. Mariano Rajoy ha risposto a queste accuse con un discorso in cui ha assicurato che si tratta di menzogne e di documenti falsificati. Il leader dell’opposizione, Alfredo Pérez Rubalcaba, ha chiesto in ogni caso le sue dimissioni.

Vedremo quali saranno gli sviluppi del caso, dato che è stato insinuato un dubbio sui mezzi di finanziamento e il pagamento di fondi neri nel principale partito del Paese e la risposta data finora è un’indagine interna, oltre alla parola di Rajoy. L’opinione pubblica è ora di fronte al dilemma se credere o meno a questa parola.

Il caso è particolarmente interessante non solo per la crisi politica che ha portato a galla, ma perché mette al centro della vita pubblica la grande questione: di chi e di che cosa ci si può fidare? La società di questo ventunesimo secolo, dominato dalla ragione tecnica, dovrebbe ricorrere in questo caso a un metodo elementare come quello della certezza morale. Invece, in un mondo così abituato a formulare opinioni generate non dall’indagine, ma in base all’appartenenza a un gruppo, improvvisamente anche quelli che sembrano più sinceri crollano. E domina la domanda: possiamo crederci?

Mentre gli asset spagnoli recuperano la fiducia dei mercati e il debito pubblico torna a essere interessante per gli investitori internazionali (lo possiamo dedurre dai risultati delle ultime aste di collocamento dei titoli di Stato), il Paese sta attraversando una crisi storica di fiducia nelle principali istituzioni, come mostra il barometro del Cis (Centro di ricerche sociologiche) relativo al mese di dicembre 2012. L’ultimo studio di Metroscopia (un centro di ricerca indipendente) mostra ciò in cui credono gli spagnoli. Si fidano soprattutto di scienziati e medici, poi delle Piccole e medie imprese. Le opere di carità della Chiesa sono tra i primi posti, mentre politici, banche, Parlamento e Governo tra gli ultimi. In buona sostanza, quando tutto sembra vacillare i rappresentanti della ragione scientifica e tecnica rappresentano il riferimento principale.

Víctor Pérez Díaz ha notato che questa crisi di fiducia riguarda le relazioni tra persone. Il sociologo spiega che questo pone un serio problema per la vita economica: è un costo in più che impedisce di essere competitivi. Di fatto, comprendere le ragioni di questa sfiducia sociale e trovare una risposta è una delle sfide più decisive da vincere per affrontare la crisi.

In alcuni casi ci sono ragioni comprensibili per aver smesso di fidarsi. Ma è impensabile sostenere che quasi tutti (il collega di lavoro, il cliente, il fornitore, il socio, il vicino, il cognato, ecc.) non sono, per definizione, degni di avere credito. Sembra proprio che la ragione morale, quella che permette di acquisire certezze sul terreno del comportamento, sia stata danneggiata. L’intelligenza è usata in maniera emotiva e la sofferenza degli ultimi anni tende a rendere ciechi. Il buonismo, inoltre, presenta un rovescio della medaglia: sotto l’apparenza di una vicinanza formale si nascondono distanze e solitudini abissali.

Ma la sfiducia è forse anche il risultato di un’educazione difettosa. Manca l’abitudine di vedere nell’altro, anche se non condivide le mie convinzioni e i miei interessi, un compagno di viaggio: una persona che ha in comune con me qualcosa di più personale, con cui posso fare molte cose e, soprattutto, percorrere il cammino della vita. Questa è la fiducia degli adulti.

P.S.: Tutto questo non vuol dire che Rajoy debba o meno meritare fiducia.