Ecco il testo ufficiale del Secondo Emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti di America, come fu approvato dal Congresso: “Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una milizia regolamentata, il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non potrà essere infranto.” Questo testo è stato ratificato dagli stati e controfirmato da Thomas Jefferson come Segretario di Stato. E’ l’unico emendamento alla Costituzione che stabilisce il proprio scopo.
Queste parole sono state oggetto di discussione negli Usa fino da quando sono state incluse nel Bill of Right (il testo che raccoglie i primi dieci emendamenti alla Costituzione – NdT) e, ovviamente, sono al centro del dibattito su quanto l’attuale legislazione permissiva sulla vendita delle armi contribuisca a crimini come il massacro della Sandy Hook School a Newtown nel Connecticut, lo scorso dicembre.
Vorrei dire qualcosa su questo dibattito, che potrebbe suonare strano per molti e, a volte, lo è anche per me, ma che può servire come provocazione per una discussione. Inoltre, su questo argomento io parto da un punto di vista estraneo, essendo nato in una cultura che ritiene naturale il diritto a portare armi, anche se personalmente non ne posseggo e ne ho paura. Peraltro, l’atteggiamento a tal proposito sta cambiando in favore di un controllo più rigoroso.
Quello che mi sorprende del Secondo Emendamento sono le sue basi antropologiche e le sue implicazioni: qualsiasi violazione del diritto di portare armi è vista e sentita come un attacco a quanto è più inerente alla nostra natura di esseri umani, cioè la libertà.
Sembrerebbe quasi sullo stesso livello di una violazione della libertà religiosa. Se la si pone in questo modo, non sorprende che la libertà di possedere e portare armi venga immediatamente dopo l’emendamento che difende la libertà religiosa: il sempre controverso, ma grandioso, Primo Emendamento.
La discussione sul diritto di portare armi potrebbe essere, quindi, al fondo una discussione religiosa? Se fosse così, sarebbe molto difficile arrivare a una politica accettabile per la maggioranza dei cittadini. E’ il tipo di dibattito in corso su quanto sia opportuna, morale, utile la pena di morte, un dibattito che continua ad andare avanti.
Non intendo dire che questi temi siano esplicitamente religiosi, ma solo che ci coinvolgono al livello più profondo di giudizio e di azione. Il modo in cui trattiamo queste questioni ci aiuta a capire le modalità che definiscono l’atteggiamento con cui ci poniamo di fronte alla realtà. Per questo è così difficile raggiungere un soddisfacente accordo tra concezioni in conflitto tra loro.
In un articolo su un numero recente della rivista Tracce, John Waters faceva notare come nessun capo di Stato, al di fuori degli Usa, avrebbe parlato ufficialmente in pubblico sulla tragedia di Sandy Hook nel modo in cui lo ha fatto Obama. Neppure il capo di “un altro Paese anglosassone.” Obama, uno dei più laici tra i Presidenti americani, ha in effetti parlato del Mistero e della Salvezza come l’unico modo per iniziare ad afferrare il significato di una tale tragedia. Proprio all’inizio del suo discorso, ha richiamato le Scritture per riassumere lo scopo della sua visita e il significato ultimo del suo messaggio.
Obama ha detto: “A tutte le famiglie, ai soccorritori, alla comunità di Newtown, al clero, agli ospiti, la Bibbia dice: ‘Per questo non ci scoraggiamo, ma, se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno. Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria: noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne. Sappiamo infatti che, quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come una tenda, riceveremo da Dio un’abitazione, una dimora non costruita da mani d’uomo, eterna, nei cieli.“
E ha terminato così: “Voi ci ricordate quello che è importante. E questo è ciò che ci deve far andare avanti in tutto quello che facciamo, fino a quando Dio deciderà di mantenerci su questa Terra. ‘Lasciate che i bambini vengano a me”, disse Gesù, “e non glielo impedite, perché il regno di Dio appartiene a chi è come loro’.
Charlotte. Daniel. Olivia. Josephine. Ana. Dylan. Madeleine. Catherine. Chase. Jesse. James. Grace. Emilie. Jack. Noah. Caroline. Jessica. Benjamin. Avielle. Allison.
Dio li ha chiamati tutti a sé. Per chi tra di noi è rimasto, cerchiamo di trovare la forza per andare avanti, e per rendere il nostro Paese degno della loro memoria. Che Dio benedica e tenga con Sé in Cielo coloro che abbiamo perso. Che dia la grazia del Suo santo conforto a coloro che sono ancora con noi. E che benedica e protegga questa comunità e gli Stati Uniti d’America”.
Forse la mia idea che il dibattito sulle armi e la violenza possa avere una base religiosa non è al dunque così fuori luogo.