Bamboccioni? No grazie

Presentato ieri a Roma il Rapporto “Sussidiarietà e… neolaureati e lavoro”, curato dalla Fondazione per la Sussidiarietà. La maggioranza dei nostri giovani non è choosy. GIORGIO VITTADINI 

“I giovani non sono vasi da riempire ma fiaccole da accendere”: questa frase di Plutarco incarna bene il cambiamento necessario a tutto il sistema dell’istruzione, in particolare a quello dell’università.
I nostri giovani sono davvero bamboccioni? Oppure choosy e in attesa di una risposta che venga dalle istituzioni? Come documenta il Rapporto “Sussidiarietà e… neolaureati e lavoro” (presentato ieri a Roma con il ministro dell’Istruzione Profumo, il rettore dell’Università La Sapienza Frati, il presidente del Cun Lenzi, il vicepresidente per l’Education di Confindustria Lo Bello, insieme al curatore Giancarlo Rovati dell’Università Cattolica e al direttore di AlmaLaurea Cammelli), non mancano studenti di questo tipo: “rassegnati” (11%), poco disposti ai cambiamenti e “adattivi ma deboli” (35%), poco intraprendenti durante gli studi, ma abbastanza flessibili nella ricerca del lavoro. 

Tuttavia, la maggioranza dei laureati, sia i “precari in cerca di gloria” (39,6%) che le “élites intraprendenti” (14,5%) sono stati pro-attivi durante gli anni di università e sono disposti a impegnarsi in diverse direzioni per ottenere un lavoro adeguato. Sono persone che hanno fatto stage, hanno passato un periodo più o meno lungo all’estero e hanno collaborato attivamente alla didattica attraverso iniziative realizzate in aggregazioni studentesche. Sono persone disposte a cambiare residenza, fuori regione o addirittura all’estero e cercano il lavoro in modo attivo interloquendo con agenzie, rispondendo ad annunci, pronti a cogliere tutte le opportunità. 

Sono persone che cercano nel lavoro, prima che la stabilità, la possibilità di imparare. Questi laureati trovano lavoro più facilmente, hanno migliori retribuzioni e sono più appetibili per le aziende. Non è detto che trovino lavoro subito, devono affrontare un tempo di precariato, coscienti che il lavoro è più un percorso che un posto, e non si fanno spaventare dalle sirene di certo assistenzialismo, ma sono disposti a cambiare. La loro è una presa di coscienza del valore della capacità di agire, rispetto all’ideologia che scommette sulla forza meccanica di un mercato anonimo o sui poteri taumaturgici di uno Stato assistenziale. 

La maggior parte dei laureati ha capito che il pezzo di carta non basta. E di grande aiuto nell’incrementare le possibilità di collocamento dei neolaureati sono le iniziative sussidiarie delle stesse università e quelle di realtà sociali studentesche e non. 

Infatti è possibile aiutare solo chi è in una posiziona attiva rispetto al mercato del lavoro: l’aiuto al collocamento è più un dialogo personale che un intervento massivo e anonimo. La sussidiarietà non è sostituzione di responsabilità, ma aiuto a che la libertà e la capacità di iniziativa crescano. Non ridurre il proprio desiderio, essere indomabili nel cercare la propria strada è la grande opportunità che offre il modo del lavoro moderno ed è il contributo che molti giovani stanno già dando per il superamento della crisi.

 

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