Nel suo primo discorso da Presidente del Senato, Pietro Grasso ha più volte ripetuto una parola chiave per uscire da una situazione pericolosa per il nostro paese: concordia. Abbiamo bisogno di pace e di concordia. Da troppo tempo, la politica italiana si comporta come a Gaza: fare la guerra è più conveniente che fare la pace. Scommettere sul male del proprio popolo è molto più conveniente che fare la pace e attraverso le condizioni dello sviluppo garantire a ognuno che le istituzioni siano un bene per i cittadini. C’è una frase di San Tommaso che vale la pena citare come antitesi di questo momento. “Ipse idem homo est qui percepit se et intelligere et sentire. Sentire autem non est sine corpore”. L’uomo cioè è una unità profonda ed è ultimamente bene e male insieme. Per riscoprire uno spirito di unità l’elemento determinante è l’educazione del popolo. Cioè l’aspetto che permette di affermare dentro le coscienze le vicende della storia, in modo tale che a prevalere sia un’impronta di realismo piuttosto che un’impronta di ideologia, che frena la possibilità di completare quel percorso naturale di cui parla Tommaso. Dobbiamo entrare nel merito di questo, altrimenti sarà un continuo scaricare la responsabilità di un fallimento sul nostro avversario.
L’educazione del popolo è la migliore garanzia della democrazia perché attraverso un “Io” che si fa capace di essere giudizio sulla storia può aiutare la storia stessa a compiere un passo avanti.
Oggi serve un impegno di unità nazionale. Sono consapevole che questa non è la democrazia, perché la democrazia è dividersi: è maggioranza contro minoranza. Però quando c’è una patologia, unirsi, come alla fine della Seconda Guerra mondiale, serve a fare affermare qualcosa che di molto più profondo di un programma politico. Senza un momento di vera unità l’Italia non ritroverà mai la propria sensibilità al destino di una generazione e al bene comune. E’ per questo che oggi siamo così perplessi di fronte alla pochezza dei tentativi che stanno maturando e siamo quasi rassegnati al fatto che in politica ormai la ragione non esista più. Le circostanze della storia impongono ai partiti che hanno ottenuto maggiori consensi un’assunzione di responsabilità. Hanno la necessità di riconoscere l’altro per quello che è, non dentro la scatola delle proprie convinzioni ideologiche, ma come strumento essenziale per produrre il bene comune del paese. 

Questo è una strada obbligata per le forze politiche, perché è l’unico modo con il quale possiamo guardare al futuro senza perdere la speranza.
Spero che in questi giorni riusciremo a compiere insieme questo passo. Spero che per una volta chi ha in mano il futuro di un intera nazione abbia il coraggio di scommettere non sui propri progetti, ma sul proprio destino. Il destino di pace e concordia che il Signore risorto ci invita a perseguire giorno dopo giorno.