Gesù, che per noi uomini e per la nostra salvezza si è lasciato inchiodare alla croce, è risorto! Questo annuncio, di fronte al quale si trovarono per la prima volta le donne che andarono al sepolcro, ci raggiunge oggi con la stessa vivezza di allora: Cristo è veramente risorto ed è vivo!
Nel vangelo, soprattutto nelle letture che la liturgia ci propone nel tempo di Pasqua, vengono raccontate alcune apparizioni di Cristo risorto. Nei cinquanta giorni che separano la sua resurrezione dalla definitiva ascensione al Padre (cfr. At 1, 3), egli appare a persone singole o a gruppi, in situazioni e luoghi diversi, in Galilea e in Giudea, all’interno di case o all’aperto, lungo una strada o sulla riva del lago. Perché appare Gesù? Non avrebbe potuto affidare l’annuncio della sua resurrezione solo agli angeli? D’altra parte lo aveva detto più volte ai suoi apostoli e ora il sepolcro vuoto poteva bastare come prova storica di quanto aveva loro preannunciato. Invece Gesù si mostra, si fa vedere, toccare, mangia ancora con i suoi… Egli appare per dare loro la testimonianza inequivocabile che proprio lui che avevano visto morire in croce, proprio lui che portava ancora il segno dei chiodi e della ferita del costato, ora è vivo e non muore più. E inizia ad essere presente in una forma nuova nella loro vita.
Come dice Jean Danielou, «la vita del corpo risuscitato di Cristo è misteriosa» (J. Danielou, La risurrezione, Cantagalli, Siena 2008, 54). Innanzitutto egli non è più soggetto allo spazio e al tempo. Nel suo corpo risorto lo spirito domina ormai interamente la materia. Rimane corporeo come prima, eppure può sottrarsi alla vista (cfr. Lc 24, 31), può passare attraverso muri o porte chiuse (cfr. Gv 20, 26): la materia non è annullata, ma è totalmente al servizio dello spirito.
Nessuno ha assistito alla resurrezione, molti invece hanno visto Gesù Risorto e la nostra fede si fonda in prima istanza sulla testimonianza di coloro che lo hanno veduto e toccato. Da questo punto di vista la resurrezione è un fatto storico particolare, che nessuno potrebbe negare. Persino un razionalista protestante come Strauss ammetteva nel XIX secolo: «La formidabile sterzata, che dalla profonda depressione e totale disperazione causata dalla morte di Gesù portò alla forza della fede e all’entusiasmo con cui i primi discepoli lo annunciarono come Messia, non si potrebbe spiegare se nel frattempo non si fosse prodotto un avvenimento eccezionalmente incoraggiante» (D. F. Strauss, Das Leben Jesu kritisch bearbeitet, II, Tubingen 1840, 631-632).
Le donne, gli apostoli, i discepoli e gli amici di Gesù non avrebbero potuto produrre un avvenimento simile. Non avrebbero potuto inventare la fede nel Risorto. Soprattutto, una menzogna artificiosamente costruita non avrebbe avuto la forza di spingere uomini e donne tanto semplici e impreparati a percorrere le strade del mondo intero per testimoniare, anche a costo della propria vita, la verità di Gesù presente. È dunque «il Risorto che personalmente suscita la fede» (D. Bonhoeffer, Cristologia Queriniana, Brescia 1990, 54). La nostra certezza non si fonda su racconti di visionari o creduloni, ma sulla travolgente testimonianza di persone che hanno visto Gesù risorto, sono stati assieme a lui, hanno persino mangiato con lui, hanno ascoltato la sua voce, hanno fatto esperienza del suo sguardo pieno di misericordia, di pace, di perdono e hanno capito che ciò che avevano vissuto con lui era destinato a non finire, a coinvolgere sempre più persone. Ed era possibile vivere assieme come lui aveva insegnato loro perché lui stesso continuava ad essere presente: dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro (Mt 18,20). Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo (Mt 28, 19-20).
Se Gesù è con noi, se lui è vivo qui in mezzo a noi, allora la nostra fede, che nasce dalla testimonianza degli apostoli, può fondarsi anche su un’esperienza personale. Egli, dopo la resurrezione, non è apparso a tutti, ma ad alcuni testimoni scelti. È questo il metodo di Dio: egli sceglie alcuni per arrivare a tutti. Così anche noi oggi siamo i testimoni che lui manda nel mondo per annunciare con la nostra vita che egli è vivo, che la morte e il male non sono l’ultima parola. Egli ha vinto la morte e, se ci apriamo alla luce della sua redenzione, dona anche a noi di risorgere già ora da tutte le nostre morti quotidiane. Gesù Cristo, che ha assunto la nostra intera umanità, le nostre miserie, la nostra debolezza fino a morire come ogni uomo, con la sua resurrezione ha spalancato ad ognuno di noi la vita di Dio che non finisce.
Egli è la nostra Pasqua, dice san Paolo. Quello che è accaduto in lui è il destino di ogni uomo che a lui si affida. Siamo una “pasta nuova” – continua l’Apostolo (cfr. 1Cor 5,7). Dentro la nostra natura impregnata di peccato e di tenebra Gesù ha immesso un lievito nuovo capace di rinnovare la nostra vita dall’interno. Solo Dio poteva farci questo dono. L’uomo, con tutta la sua intelligenza, con tutta la sua forza, con tutto il suo desiderio, non poteva spostare la pietra che chiudeva come in un sepolcro la sua vita.
Buona Pasqua!