Gente che non si lamenta

Nelle sue messe del mattino,papa Francesco fa un’omelia breve, prendendo spunto dalle letture e rivolgendosi agli astanti. Ne vengono semplici suggerimenti di vita cristiana. GIUSEPPE FRANGI

Senza dare troppo nell’occhio e senza dare mai la sensazione di una rottura rispetto al passato, Papa Francesco sta portando molte novità nel modo di essere papa. La più eclatante è certamente la volontà di non andare per ora nell’appartamento pontificio. Una scelta cui consegue il fatto che l’abituale messa che il papa celebra ogni mattina, da cerimonia strettamente privata nella cappellina del Palazzo apostolico, è diventata una cerimonia semipubblica nella chiesetta annessa al residence Santa Marta. Ogni giorno il Papa dice messa alle sette, invitando a rotazione gruppi di dipendenti vaticani e qualche esterno. E ogni giorno dopo il Vangelo, tiene una breve predica, che non entra tra i testi ufficiali del pontificato ma che ogni giorno viene ripresa in sintesi dal sito di Radio Vaticana.

Questi pensieri mattutini di papa Francesco, pronunciati a braccio, sono qualcosa di straordinariamente illuminante nella loro semplicità. Una sorta di vero viatico per la giornata che a quell’ora sta per cominciare.

Più che prediche sono in realtà delle sottolineature, dei suggerimenti, degli incoraggiamenti agli interlocutori che in quel momento ha davanti agli occhi. Lo spunto sono le letture del giorno, ma la ricaduta è sempre molto immediata, semplice, concreta.

Qualche esempio può rendere bene l’idea. Ieri, ad esempio, alla messa di Santa Marta erano presenti oltre che dei dipendenti dello Ior anche alcune mamme. Il che ha dato spunto al papa di fare un ragionamento molto diretto sulla natura della Chiesa che «quando vuol vantarsi della sua quantità e fa delle organizzazioni, e fa uffici e diventa un po’ burocratica. la Chiesa perde la sua principale sostanza e corre il pericolo di trasformarsi in una ong». Per contro, guardando le mamme che assitevano alla messa: «La Chiesa è Madre. Qui ci sono tante mamme, in questa Messa. Che sentite voi, se qualcuno dice: “Ma … lei è un’organizzatrice della sua casa?” “No: io sono la mamma!”. E la Chiesa è Madre».

Un concetto questo che aveva ribadito anche il giorno prima, in termini altrettanto efficaci, prendendo spunto dalla lettura degli Atti degli Apostoli dove si parla dei cristiani che, sfuggiti alle persecuzioni a Gerusalemme, si sparpagliano tra Fenicia, Cipro e Antiochia annunciando dovunque il Vangelo. Ma la reazione di chi era restato a Gerusalemme di primo acchito fu di sospetto rispetto a chi se ne era andato. Ha spiegato allora il Papa: «Qualcuno di loro, quando ha sentito questo, è diventato un po’ nervoso e hanno inviato Barnaba in “visita apostolica”; forse con un po’ di senso dell’umorismo possiamo dire che questo sia l’inizio teologico della Dottrina della Fede: questa visita apostolica di Barnaba. Lui ha visto, e ha visto che le cose andavano bene. E la Chiesa così è più Madre, Madre di più figli, di molti figli».

Sabato scorso invece il Vangelo proponeva l’episodio dei discepoli che ritenendo duro il linguaggio di Gesù, mormorano, si scandalizzano e alla fine lasciano il Maestro. «Questi si sono allontanati, se ne sono andati, perché dicevano “quest’uomo è un po’ speciale, dice delle cose che sono dure e noi non possiamo…”. Sono cristiani di buon senso, soltanto: prendono le distanze. Cristiani − per così dire – “satelliti”, che hanno una piccola Chiesa, a propria misura: per dirlo proprio con le parole di Gesù nell’Apocalisse, “cristiani tiepidi”. Camminano soltanto alla presenza del proprio buon senso, del senso comune … quella prudenza mondana: questa è una tentazione proprio di prudenza mondana».

Spesso c’è spazio per suggerimenti concreti rispetto ai comportamenti quotidiani. Qualche giorno fa il Vangelo era quello del dialogo tra Gesù e Nicodemo. Cosa significa si chiede il Papa, che un uomo possa “nascere di nuovo” come dice Gesù? Bisogna pensare alla vita dei primi cristiani, il cui stare insieme era segnato dalla «mitezza della comunità, una virtù un po’ dimenticata». A questo punto il Papa ha fatto una sottolineatura di sorprendente concretezza. Dice che la «mitezza» ha tanti nemici, il primo delle quali sono le «chiacchiere». «Quando si preferisce chiacchierare, chiacchierare dell’altro, bastonare un po’ l’altro – sono cose quotidiane, che capitano a tutti, anche a me – sono tentazioni del maligno che non vuole che lo Spirito venga da noi e faccia questa pace, questa mitezza nelle comunità cristiane». Di qui un paio di suggerimenti: «Primo, non giudicare nessuno perché l’unico Giudice è il Signore. Poi stare zitti e se si deve dire qualcosa dirla agli interessati, a “chi può rimediare alla situazione, ma non a tutto il quartiere”». Conclusione: «Se, con la grazia dello Spirito riusciamo a non chiacchierare mai, sarà un gran bel passo avanti e ci farà bene a tutti».

Qualche giorno prima il Vangelo era quello degli apostoli di Emmaus. E anche in questo caso Papa Francesco ricava dal racconto una sottolineatura inaspettata. I due discepoli “avevano paura” ha notato Bergoglio. Per questo lungo la strada parlavano sempre delle vicende appena vissute «e si lamentavano». Non cessavano di lamentarsi, «e più si lamentavano, più erano chiusi in se stessi: non avevano orizzonte, solo un muro davanti». Ma «le lamentele sono cattive» e non soltanto quelle contro gli altri, bensì anche quello contro noi stessi, quando tutto ci appare amaro. «Sono cattive perché ci tolgono la speranza». Di qui l’input concreto del Papa: «Non entriamo in questo gioco di vivere dei lamenti, ci fanno male al cuore».

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