In un suo articolo del 1979, ossia di trentaquattro ani fa, Giovanni Testori chiedeva con forza che venisse fatta una legge per la tutela delle donne contro le violenze di cui, allora come oggi, erano vittima. Si trova nella raccolta La maestà della vita, ed. Rizzoli-Bur: un libro che consiglio vivamente a tutti per la quantità di sorprese che vi si possono trovare.

Quell’articolo non dovrebbe mancare tra le letture dell’on. Laura Boldrini, che con grande merito si sta battendo per la stessa causa. E non dovrebbe mancare nemmeno dalle nostre letture. Se l’obiettivo delle sue parole è lo stesso di molti, particolare è la posta in gioco. Senza mezzi termini, Testori individua infatti nella violenza contro le donne la radice, il seme stesso di ogni altra violenza, di ogni sopraffazione. 

Il 1979 era l’anno in cui il suo Interrogatorio a Maria girava per tutta l’Italia. Ed è proprio la figura di Maria a stagliarsi nel cuore delle sue parole, in questo articolo: Maria, la donna grazie alla quale Dio, l’Infinito, si è incatenato alla miseria dell’uomo, alla storia, alle nascite e alle morti, ai letti, al dolore, alle piccole speranze (guarire da una malattia, ritrovare la moneta perduta, tornare a casa dopo aver dissipato un patrimonio) di tutti gli uomini. 

Il Creatore dell’Universo si è fatto schiavo degli uomini, attraverso il grembo di una donna. Dio stesso ha posto al centro di tutta la propria azione salvifica il corpo di una donna. 

La donna rappresenta questo legame di ciascuno con un destino che non si è scelto, che non ha prodotto lui. La donna ci lega alla terra, ai doveri quotidiani, anche quelli piccoli (che spesso sono i più duri) all’accettazione e all’amore per i figli. Ci ricorda, con il suo stesso corpo, con la sua stessa presenza, che noi (noi tutti) siamo creature dipendenti e perciò noi (noi uomini, noi maschietti) non possiamo illuderci di realizzare noi stessi volando per il mondo senza legami. 

Ma ci vuole una cultura, ci vuole un’educazione affinché una persona, uomo o donna che sia, cresca con questa attenzione e con questo rispetto. Lasciati al nostro istinto, infatti, noi finiamo per odiare ogni vincolo, perché i vincoli ci rammentano che noi non siamo i padroni di noi stessi. 

Io non appartengo a coloro che danno la colpa di questo problema al permissivismo e ad altri flagelli analoghi. La violenza non ha pedigree, non ci sono luoghi o esperienze umane preservati da questo pericolo, non esiste un’educazione capace di garantire l’uomo dalle derive. L’educazione è fondamentale proprio perché, se educazione è, non si può mai dare per scontata. 

Oggi più che mai proprio di questo abbiamo bisogno: di imparare, giorno per giorno, a non dare nulla per scontato, accettando ciò che la realtà ci dice. La scontatezza, infatti, l’abitudine a sé, la ricerca della distrazione a tutti i costi per evitare lo sgomento che le cose, inevitabilmente, imprimono in un cuore attento, stanno alla radice della violenza.