L’altro ieri i ministri degli Esteri dell’Unione europea non sono riusciti a giungere a Bruxelles a una posizione comune riguardo alla sospensione o meno dell’embargo a forniture militari alle formazioni armate scese in campo in Siria contro il regime di Bashar Al Assad. Ciò equivale alla sua sospensione, dal momento che da adesso in poi ogni Paese può fare come vuole. Gran Bretagna e Francia, che decise a far cadere Assad a viva forza già stavano mandando armi agli insorti sotto banco, ora potranno farlo apertamente. Alla notizia la Russia, che invece sostiene l’embargo, ha subito annunciato l’invio a Damasco di missili anti-aerei, utili secondo il suo ministro degli Esteri a dissuadere “certe teste calde” da un’internazionalizzazione del conflitto.
Tutto questo rende più difficili le prospettive di un’imminente conferenza per la pace in Siria in programma a Ginevra sotto l’égida degli Stati Uniti e della stessa Russia. In sede di Consiglio europeo di ministri degli Esteri l’iniziativa di opporsi ai propositi bellicosi di Parigi e di Londra sembra sia venuta dall’Austria, ma a lavori conclusi anche il ministro degli Esteri italiano, Emma Bonino, ha dichiarato ai giornalisti presenti di essere personalmente contraria all’invio di armi agli insorti in Siria. Dovrà in proposito consultarsi con i suoi colleghi di governo ma ha aggiunto – a nostro avviso lodevolmente – che per quanto la riguarda agli insorti contro Assad non giungeranno armi dall’Italia (anche se poi ciò sarà vero soltanto nella misura in cui la Farnesina ha in mano tutti i rubinetti di tutti gli oscuri canali che percorrono le forniture di questo genere di merci, il che non è scontato).
Al di là di ogni più specifico aspetto la vicenda conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, che una politica estera comune dell’Unione europea non si può improvvisare sotto la spinta estemporanea di questa o di quella crisi. O si apre un vero dibattito politico, non solo nel chiuso del Consiglio ma prima di tutto in sede di Parlamento europeo, nel quale emergano e si confrontino le varie linee di gravitazione geo-politica che caratterizzano le grandi aree in cui si articola l’Unione e si giunga a farne un’equilibrata sintesi, oppure ogni volta andrà a finire come lunedì scorso è accaduto, ossia che ognuno se ne va per la propria strada.
In tale quadro il nostro Paese ha il diritto e il dovere di far valere il proprio legittimo interesse mediterraneo. Quindi il suo interesse a quella pace del Vicino Oriente che al Nord Europa sta a cuore poco o nulla. E quindi anche il suo interesse a che la Siria non venga sacrificata sull’altare di una transizione catastrofica dal regime di Assad a qualcosa che di certo sarebbe molto peggio.
Benché molto della sua storia politica e della sua cultura ci faccia rabbrividire, dobbiamo riconoscere che Emma Bonino è consapevole più di tutti i suoi recenti predecessori del ruolo primario e potenzialmente positivo che la storia e la geografia assegnano al nostro Paese nel Mediterraneo. Se dunque il governo Letta volesse sorprenderci facendo nel Levante una politica attiva a misura dell’interesse legittimo del nostro Paese, con questo ministro degli Esteri potrebbe anche provarci con una certa possibilità di successo. E ciò tanto più considerando che l’Italia può muoversi nell’area avvalendosi non solo dei canali diplomatici, ma anche di una fitta rete di positive relazioni culturali ed economiche di cui nessun altro Paese europeo ed occidentale dispone.
Di nodi intricati che la forza militare non riesce mai a sciogliere, e che spesso la diplomazia non può sciogliere da sola, talvolta si trova il bandolo grazie a un uso combinato di leve diverse appartenenti a tutte queste sfere. Ogni giorno che passa senza che la pace torni in Siria aggiunge nuove morti, nuove distruzioni, nuovi dolori, nuova miseria, come ci ha di recente ricordato tra gli altri un nuovo appello del Custode di Terra Santa, i cui frati sono presenti anche nel martoriato Paese a fianco di popolazioni sfinite da ormai due anni di guerra civile. Tutto ciò che si può ragionevolmente tentare per porre fine a questa follia va tentato.