In questi giorni da rush finale per le dichiarazioni di redditi, milioni di italiani stanno mettendo ancora una volta la loro firma sotto il 5 per mille. È il settimo anno di storia per questo semplice e geniale dispositivo di sussidiarietà fiscale, che venne applicato per la prima volta nel 2007 sui redditi del 2006. E questa storia con i milioni di numeri che ci mette a disposizione oggi rappresenta una fotografia precisa e sfaccettata di un’Italia che pochi conoscono e che i media spesso si ostinano a ignorare. Innanzitutto è un’Italia che ha aderito in modo istintivo, immediato all’opportunità che il 5 per mille offriva. Il totale delle firme della prime edizione sfiorò i 16 milioni, ovvero oltre il 60% dei contribuenti. Oggi, come documenterà il dossier pubblicato nel numero del mensile Vita di giugno, a quel numero è stata fatta la tara, levando le 3 milioni di firme delle dichiarazioni a Irpef zero. Così se si guarda lo storico da quei 13 milioni effettivi possiamo verificare che la crescita è stata costante, sino a sfiorare nel 2011 (ultimi dati resi noti) i 16 milioni effettivi. E questa crescita è avvenuta nonostante le tante traversie cui la politica ha sottoposto il 5 per mille, tenendolo ogni anno in sospeso, cambiando sempre le regole e poi, negli ultimi anni, mettendo anche tetti non dichiarati, per cui quel 5 in realtà è diventato un 4 virgola qualcosa.
Nelle migliaia di numeri del 5 per mille si incrociano fenomeni che raccontano un’Italia vera, consapevole e fedele alle migliaia di opere sociali piccole e grandi che costituiscono uno straordinario tessuto umano e morale. Si trovano decine e decine di scuole dell’infanzia paritarie che con qualche centinaia di firme riescono a raggranellare risorse preziose per i loro bilanci in questi tempi duri. Ma quelle firme non sono un fatto automatico: sono il frutto innanzitutto di una buona storia, di un legame di fiducia. E sono poi il frutto di un rapporto riallacciato, di una richiesta convincente di sostegno: insomma sono esito di una relazione che si mantiene nel tempo. Questo vale per tanti oratori, per centinaia di associazione sportive dilettantistiche, come per decine di musikapelle altoatesine. In tutto sono oltre 30mila le realtà che si affacciano al 5 per mille, mobilitandosi ogni anno, rendendo il più possibile trasparenti i propri bilanci, sia quelli economici sia quelli che riguardano l’efficacia delle loro azioni.
Nel 5 per mille c’è spazio per tutti, dai giganti da centinaia di migliaia di firme, ai più piccoli che rastrellano adesioni in un fazzoletto di relazioni. Ci sono storie di realtà associative che sui propri territori godono di tale stima da far piazza pulita delle firme: cooperative sociali che dimostrano di essere diventate il cuore delle rispettive comunità. Oppure ci sono associazioni che hanno saputo dare risposte di tale qualità umana e organizzativa a problemi che lo stato ha lasciato inevasi, da diventare dei veri brand: com’è il caso ad esempio della Lega del Filo d’oro che negli anni ha realizzato straordinarie strutture per la cura e l’assistenza dei sordociechi.
Quest’Italia, così istintivamente intelligente e solidale, davvero meriterebbe di avere un 5 per mille reso stabile da una legge e reso chiaro nelle sue regole. È una legge su cui c’è un consenso trasversale praticamente senza eccezioni, ma che in questi anni la politica incredibilmente non è mai riuscita a mettere in calendario. Ora, con buona parte dei più convinti sostenitori del 5 per mille in posti chiave del governo (a cominciare dal premier Letta), sarebbe un paradosso che la promessa di una legge per stabilizzarlo restasse lettera morta.