Riprendiamo queste parole di Mons. Luigi Giussani: “Quando la morsa di una società avversa si stringe attorno a noi fino a minacciare la vivacità di una nostra espressione e quando una egemonia culturale e sociale tende a penetrare il cuore, aizzando le già naturali incertezze …allora è venuto il tempo della persona.”
Ora è quel tempo, ora è il tempo della persona.
O almeno così è sembrato la settimana scorsa quando gli americani si sono trovati di fronte alle tante vittime di disastri naturali, come i due tornado che hanno colpito il Paese.
Vi sono stati anche altri orrori causati dalla malattia o dalla perversione umana, ma ciò che ha più colpito è la preferenza della Morte per i bambini. Questo ha fatto sorgere una domanda nei nostri cuori: cosa è la persona umana? Di quanto male siamo capaci? Quale è il valore e l’origine delle nostre buone azioni? Quali sono i confini della libertà umana, ammesso che esista veramente?
L’ultimo numero della rivista The Week ha pubblicato 29 risposte a queste domande da parte di famosi pensatori, sia risposte serie, sia altre il cui cinico umorismo ha mostrato l’incapacità ad affrontare queste domande. Eppure questi sono i personaggi che ci “illuminano” sui canali televisivi. Non c’è da meravigliarsi che, con poche eccezioni, le risposte si siano rivelate come una serie di giudizi negativi sulla condizione umana.
Per cercare la nostra risposta a queste domande, è necessario iniziare dall’esperienza di essere umani. Essere umani significa essere qualcuno, non qualcosa, significa avere un Nome. Avere un Nome significa essere chiamati, essere portati fuori dalla solitudine.
Mi ricordo che quando morì mio zio, io dovetti passare la notte accanto alla sua bara aperta ed ero molto depresso, perfino spaventato.. il terribile vuoto della morte, il suo distruttivo silenzio. Poi, improvvisamente, un gatto entrò nella stanza e la semplice presenza di un altro essere vivente mi riportò la calma e fece sparire la paura.
Essere una persona è entrare in conversazione con un’Altra Presenza, il dialogo con la quale costituisce la sostanza della mia vita. Vuol dire essere in comunione con un’altra presenza, appartenere a una comunità di persone.
Una persona, perciò, non è mai autosufficiente, né si crea da sola. La persona è relazione, inizia dall’incontro con un altro e da questo incontro è sostenuta. La forma più alta di questo incontro si chiama amore.
Nel Diario di un curato di campagna, di Georges Bernanos, il prete dice alla contessa che le anime nell’inferno non possono essere riconosciute come persone, perché incapaci di amare: “ L’inferno è non amare più, signora, non amare più.”
La settimana scorsa abbiamo visto la furia della natura e la crudeltà dell’uomo. Ma abbiamo visto in tanti il potere dell’amore.