Ieri ho sentito gli occhi di Gesù su di me. E ho la certezza che a migliaia e migliaia di giovani è accaduta la stessa cosa.
Dopo la rappresentazione della via crucis a Copacabana il Papa ha parlato a un milione di giovani riuniti che hanno accompagnato quel gesto con un silenzio e un’attenzione impressionanti.
Papa Francesco parla dell’uomo, ci fa conoscere noi stessi rivelandoci quello che siamo: il bello, che fa sorridere Dio e il brutto che lo fa vibrare di compassione, fino alle viscere. Ci si può guardare.
Ci fa conoscere l’uomo e ci fa conoscere Gesù. Uno che non fa altro che aspettarti, per stare con te. Per rifare quello che era distrutto, riempire quello che era vuoto, uno che “non ti ruba nulla” e trasforma tutto. “Ha trasformato la Croce da strumento di odio, di sconfitta, di morte, in un segno di amore, speranza, vittoria, trionfo e vita”.
Ieri abbiamo capito di più cos’è la croce. Il momento più intenso e umano di una storia d’amore e di amicizia.
Ieri, sabato, si sentiva ancora l’eco di quelle domande vibranti di Francesco, che alzando all’improvviso il volume della sua voce, quasi gridando, ci ha chiesto: voi come chi volete essere? Come Pilato? O come Simone il cireneo? Come Pilato o come Maria? Voi siete tra quelli che si lavano le mani e guardano dall’altra parte, o come il cireneo, Maria e le altre donne non avete paura di seguire Gesù fino alla fine?
Ognuno qui si è sentito guardato ieri, era evidente. E probabilmente da ieri sera cerca di rispondere a queste domande tremende, che non ci lasceranno tranquilli per un bel po’ o per sempre. Ma svegliandoci oggi si vive un po’ come gli apostoli, che frastornati per tanta novità e bellezza, dopo qualche attimo di incoscienza, lo iniziavano a cercare per vedere dove li avrebbe portati, cosa gli avrebbe fatto conoscere: del loro umano e di Lui.