Tra le Mostre presentate quest’anno al Meeting di Rimini, una colpisce in modo particolare l’attenzione: quella dedicata al Volto Santo di Manoppello, cui Benedetto XVI rivolse la sua preghiera subito dopo l’elezione al soglio pontificio.
Quel Volto, con la leggenda che lo accompagna, introduce meglio di qualunque discorso al tema di quest’anno, “Emergenza Uomo”. Esso, come tutti sanno, è particolarmente caro a tutta la Cristianità perché riprodotto – tale la leggenda – sul modello del Velo della Veronica, e perciò rappresenterebbe quanto di più vicino esista al volto storico di Gesù di Nazareth.
Esso rappresenta nel modo più prefetto possibile la Chiesa stessa, continuazione storica e carnale del Cristo storico e carnale, e c’introduce con il suo silenzio eloquente nel suo mistero.
La tragedia del nostro tempo sta infatti, prima di ogni altra cosa, nella cancellazione della carne, della concretezza storica dell’uomo, e quindi nella riduzione dell’uomo a pura astrazione. Questa è la vera crisi, di fronte alla quale la crisi economica è un dettaglio, una precisazione, una sottolineatura e nulla di più.
Ma l’umanità non è soltanto una somma di caratteri fisici e psichici comuni ad alcuni miliardi di esseri viventi: essa è tale perché la possiamo incontrare, e incontrarla è possibile solo attraverso l’unicità della persona singola. Ora, dal punto di vista dinamico – ossia dell’azione concreta – questa singolarità ha un nome: dramma.
Noi incontriamo l’umanità quando il nostro dramma incontra quello di un altro. “Di che vivono gli uomini?” titolava Tolstoj una sua celebre novella. Finché non ci poniamo (non teoricamente, ma nell’azione quotidiana) questa domanda, l'”uomo” non emerge alla superficie della nostra coscienza. Possiamo passare l’intera giornata a parlare della crisi antropologica del nostro tempo, ma l’uomo continua a non esserci.
Noi cattolici, poi, siamo dei veri e propri esperti in discorsi sull’uomo, come anche sulle crisi che lo colpiscono periodicamente: crisi di valori, crisi esistenziale, crisi di modelli, crisi di qua, crisi di là. Occorre stare attenti: un cristianesimo senza curiosità umana è quanto di più inutile possa esistere sulla faccia della Terra.
Per fortuna – ed è una fortuna per tutti, per chi ci crede e per chi non ci crede – il Meeting ha sempre messo i discorsi in secondo piano. Non si è mai pianto addosso, e posso scommettere che tratterà il suo tema non certo lamentando la cattiveria dei tempi (come la chiamava Péguy) ma presentandoci la testimonianza di alcuni uomini in carne ed ossa, ciascuno con la sua storia, il suo dramma, la sua lotta, la sua scommessa.
Questo è ciò che interessa davvero. La domanda che il Meeting rivolge a ciascuno di noi potrebbe essere questa: con chi, o con che cosa, stai lottando? Su che cosa stai scommettendo?
In questo senso, l’idea di porre al centro di una delle mostre del Meeting il Volto Santo di Manoppello è bellissima e dissipa molte ombre. Che cos’è infatti un cristiano? Non certo uno che sa fare discorsi cristiani, non uno che professa opinioni cristiane, e nemmeno uno che dà giudizi in linea con la dottrina cristiana. Qualsiasi furbacchione è capace di questo.
Un cristiano è, come mi disse un grande amico, uno che tutte le mattine, quando apre gli occhi, fissa lo sguardo sul Volto di Cristo: un Volto pieno di sofferenza e di passione struggente per il destino dell’uomo − di me, di te, di ogni singolo uomo.
Il tentativo di rispondere, durante la giornata, a quel Volto − che è un volto storico, ben preciso, con tratti inequivocabili − è, pur nella sua fragilità e fallibilità, l’essenza della scommessa, della lotta di un cristiano per tutti i giorni della sua vita, fino all’istante della morte.
In quel rapporto drammatico, mai scontato, l’uomo rifiorisce, tornando così ad emergere (emergenza: un termine che mi ostino a leggere nel suo significato positivo) dal grigiore dell’astrazione.