Sono come un termometro: i copti, la minoranza cristiana egiziana, misurano la temperatura del Paese. Se le cose vanno male per loro, vanno male per tutto il popolo. E negli ultimi giorni hanno sofferto un autentico calvario. Da quando l’esercito ha deciso di sopprimere brutalmente le manifestazioni per nulla pacifiche dei Fratelli musulmani, i copti sono sotto attacco. Più di 60 istituti hanno subito la vendetta dei radicali per aver sostenuto a giugno il cambio di regime. Le chiese, i centri di incontro, le case sono state bruciate in lungo e in largo per tutto il Paese.

Piove sul bagnato, perché i 10 milioni di cristiani egiziani vengono perseguitati da decenni. Secondo alcune stime, negli ultimi 30 anni ne sono stati assassinati più di 2.000. La caduta di Mubarak di due anni fa e la nascita del Governo dei Fratelli musulmani ne ha spinti oltre 100.000 all’emigrazione. Chi può se ne va in cerca di una vita migliore.

Il 2011 ha segnato un prima e un dopo nella loro posizione sociale e politica nel Paese. La strage nella chiesa di Al Quidissin ad Alessandria d’Egitto, nel primo giorno dell’anno, ha aperto gli occhi ai copti. Fino a quel momento pensavano che l’esercito fosse il loro miglior “alleato” e si erano tenuti al margine delle proteste. Sebbene Mubarak non garantisse la loro sicurezza, pensavano che era preferibile l’ordine ingiusto piuttosto che il disordine sconosciuto. I cristiani scesero quindi in piazza con la rivoluzione, anche senza il sostegno del vecchio Patriarca. Il massacro seguente, quello di Maspero, gli ha aperto definitivamente gli occhi.

La vittoria dei Fratelli Musulmani e la loro Costituzione settaria, che limitava ulteriormente la libertà religiosa, ha messo fine alla loro passività politica. L’arrivo del nuovo Patriarca Teodoro ha portato a un cambiamento. Infatti, egli è un uomo con più senso della storia rispetto ai suoi predecessori. Ha cercato l’appoggio dei cattolici, minoranza dentro la minoranza, per rinnovare l’ortodossia. Ed è stato chiaro nel sostenere i movimenti che chiedevano la democrazia. Teodoro ha appoggiato la destituzione del governo dei Fratelli musulmani e i copti sono così tornati a fianco dell’esercito contro cui avevano lottato nel 2011. Per questo ora i Fratelli musulmani li attaccano. Per questo motivo e perché sono una minoranza che cerca di ritornare al potere con le proteste e la violenza. Hanno bisogno che la loro causa diventi quella di tutti i musulmani egiziani. E i cristiani possono essere un buon capro espiatorio nel momento in cui si cerca l’ideologizzazione.

La scorsa settimana l’esercito ha commesso l’ingiustificabile errore di iniziare una repressione che ha causato più di 600 morti. Ma un male non cancella un altro male, ovvero il progetto dei Fratelli musulmani di costruire un Egitto che non sia per tutti. L’esercito deve cambiare molte cose se vuole realmente facilitare una transizione alla democrazia. E deve garantire la libertà e la sicurezza dei cristiani: qualcosa che non è stato fatto all’epoca di Mubarak. Ora che la Comunità internazionale guarda all’Egitto, dovrebbe star attento alla temperatura che segna il termometro cristiano.

I fedeli del Medio Orienti sono essenziali per la fede, dato che lì tutto ebbe inizio. Senza di loro, i cristiani del resto del mondo dimenticheranno facilmente che il cristianesimo è sempre qualcosa di storico.