Fin dalla campagna per la rielezione di Barak Obama a Presidente degli Stati Uniti, ho dovuto combattere con l’idea che, al livello più profondo dell’opposizione o dell’appoggio nei suoi confronti, ci fosse la questione della razza. Mi è sempre sembrato che tra quelli che sostenevano le posizioni di Obama su questioni politiche controverse, così come tra quelli che si opponevano alle sue posizioni, un fattore decisivo fossero le differenti posizioni filosofiche e sociologiche, persino ostili tra loro, su cosa costituisca una società giusta e felice e che, in queste posizioni, un rilevante fattore fosse in effetti la questione del razzismo.
E’ da tener presente che mi riferisco qui al razzismo sia “negativo” che “positivo”. Il razzismo negativo è dato da un’opinione negativa su chi appartiene a una razza differente, quello positivo riguarda coloro che, mentre insistono sull’uguaglianza, giustificano tutte le richieste della loro razza in base al razzismo negativo di cui è stata oggetto. Negli Usa, la più cospicua e la più importante razza per lo sviluppo della società americana è la razza nera. Gli afroamericani, che hanno ora perso il ruolo della più grande minoranza degli Usa, sono stati senz’altro uno dei più importanti fattori nella storia degli Stati Uniti d’America.
Credo che oggi sia ancora così, forse anche di più, perché gran parte del vocabolario usato per combattere le battaglie tra le razze, così come per comunicare cosa ogni razza può offrire a tutti i cittadini americani, è diventato politicamente corretto o incorretto, spingendo molti a evitare di parlare dell’argomento, soprattutto del “razzismo strutturato”, che si trova nelle strutture delle nostre istituzioni del potere economico, politico e sociale (Da quando Obama è stato eletto Presidente di tutti gli americani ha in generale evitato di parlare pubblicamente del razzismo in America e, quando ne ha parlato, ci è voluto un po’ di tempo perché il Paese tornasse al suo normale dibattito all’insegna dell’oscuramento del problema).
La questione del razzismo all’interno del Paese sta risalendo nell’attenzione degli americani e penso che ciò sia positivo, purché vi siano leader capaci di guidare il dibattito lungo un percorso proficuo.
Due notizie di questa settimana mi sono sembrate importanti nella discussione sulla razza in America. La prima è relativa a un film uscito venerdì scorso, che parla di un nero che era maggiordomo dei presidenti degli Stati Uniti durante la battaglia per i diritti civili degli afroamericani.
La seconda è data dall’articolo di copertina del Time Magazine sul Dr. Martin Luther King Jr. in occasione del cinquantesimo anniversario della indimenticabile marcia su Washington e del famoso discorso del Dr. King sul sogno americano. Nell’articolo del Time, King è definito uno dei Padri Fondatori dell’America, proprio accanto agli autori e firmatari della Dichiarazione di Indipendenza e della Costituzione.
Forse Lincoln è l’altro leader americano al quale può essere attribuito il titolo di Padre Fondatore. E il motivo sia per Lincoln, sia per King, uno bianco e l’altro afroamericano, è lo stesso: la razza.