Da Saddam a Obama (e ritorno)

Siamo di nuovo, come nel 2003 alla vigilia dell'attacco a Saddam Hussein, alla ricerca di un casus belli prestabilito da Washington per un'azione militare. ROBI RONZA

Siria: sembra di vedere ancora una volta un triste film purtroppo già visto. Siamo di nuovo, come nei primi mesi del 2003 – vigilia dell’attacco a Saddam Hussein -, alla saga degli ispettori dell’Onu, alla ricerca della prova della sussistenza di un casus belli prestabilito da Washington come presunta giusta causa per un intervento militare degli Stati Uniti e dei loro alleati. Allora erano le “armi di distruzione di massa”: qualcosa che mai venne detto in che cosa potessero precisamente consistere e che comunque mai vennero poi trovate. Adesso, nella Siria di Assad, sono le armi chimiche.  Mentre scriviamo le agenzie di notizie diffondono dispacci secondo cui gli ispettori – giunti in Siria d’intesa con il governo di Assad e alloggiati in un lussuoso albergo del centro di Damasco – stanno riprendendo i loro sopralluoghi, sospesi martedì scorso il giorno dopo che contro una loro auto persone non identificate avevano sparato colpi d’arma da fuoco. 

Frattanto ieri sono circolate immagini di civili siriani morti e feriti a seguito di un attacco militare che alcuni giornali sia italiani che di altri Paesi, sulla base solo di informazioni diffuse da gruppi armati antigovernativi, si sono precipitati a definire vittime dell’impiego di armi chimici da parte delle forze di Assad. In questi casi vale la pena andare a vedere, grazie a Internet, che cosa riferisce e che cosa dice di suo la Bbc la quale, pur se schierata, conserva ancora molta dell’accuratezza tradizionale del giornalismo britannico. 

Ebbene, chiunque raggiunga il notiziario sia scritto che televisivo Bbc News si sente dire ciò che da un’attenta analisi delle immagini disponibili appare chiaro, ovvero che non è affatto evidente che le vittime, sia i morti che i feriti, siano stati colpiti con armi chimiche. Inoltre lodevolmente la Bbc, quando non dispone di notizie di prima mano ma può fondarsi soltanto su notizie che i suoi inviati non hanno potuto verificare di persona, lo dice in modo esplicito: una buona abitudine che purtroppo gli inviati italiani hanno per lo più perduto da gran tempo. Ed è proprio ciò che la Bbc ha fatto anche in questo caso dicendo le immagini e le dichiarazioni dei feriti sono state fornite dagli insorti. 

Dunque, almeno per il momento, il casus belli prestabilito da Washington non sussiste. Ciò detto, resta da domandarsi perché venire uccisi da un’arma chimica sia poi così diverso da venire uccisi da qualche altra arma. Se fosse vero che si pensa a un intervento militare occidentale per porre fine alle stragi di civili (il che è quantomeno paradossale) non si vede perché per procedere si dovrebbe attendere la prova che in Siria il governo contrasta le offensive degli insorti facendo uso di armi chimiche.

In secondo luogo e più in generale le armi micidiali sono un prodotto industriale complesso, del tutto fuori delle capacità produttive di un Paese come la Siria, e il loro impiego implica l’utilizzazione di reti telematiche di cui gli Stati Uniti detengono il controllo incondizionato alla scala planetaria. Pertanto nessun Paese detiene oggi armi micidiali se non gli sono state fornite da una potenza industriale (innanzitutto gli Usa ma poi anche altre potenze industriali, Italia compresa), e nessuno le può mantenere in efficienza senza il continuo supporto tecnico di chi le ha fornite. Soprattutto poi nessuno può usarle efficacemente e su ampia scala se gli Stati Uniti e i loro alleati, noi compresi, non gli lasciano aperte le reti telematiche l’uso delle quali è indispensabile sia per il loro puntamento che per il loro tiro. 

Non è invece difficile costruire degli ordigni chimici “artigianali”, in grado di provocare danni alle persone entro un raggio limitato. Se dunque c’è qualcuno in Siria cinico quanto basta per prendere un’iniziativa del genere nella speranza di provocare l’intervento americano, costui o costoro potrebbero anche far detonare una “mina” chimica del genere in luoghi abitati. Finora non c’è prova alcuna che ciò sia accaduto, ma si tratta di un’eventualità che purtroppo non si può escludere.

Per tutti questi motivi tutto ciò che si sta dicendo riguardo all’uso di armi chimiche in Siria è qualcosa di troppo inquinato per poter essere tenuto onestamente in conto come casus belli.

Anche per questo − ed essendo da sempre ben convinti dell’opportunità di una soluzione diplomatica della crisi siriana, come più volte affermato su ilsussidiario.net sin dagli inizi della crisi − non possiamo che plaudire alla presa di posizione del ministro degli Esteri Emma Bonino e del ministro della Difesa Mario Mauro, i quali ieri hanno espresso chiare riserve nei riguardi del prospettato intervento militare occidentale in Siria dicendo che l’Italia non vi parteciperà automaticamente nemmeno se esso dovesse aver luogo sotto l’egida dell’Onu.  

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