Francesco, una straordinaria libertà

Imbattersi in tanta libertà, in tanto amore per gli uomini del suo tempo (cioè noi), come fa Francesco nella sua ultima intervista, è cosa che cambia. GIUSEPPE FRANGI

Non si smetterebbe mai di leggerla la lunga intervista che il Papa ha rilasciato al direttore di Civiltà Cattolica Antonio Spadaro. Non si smetterebbe mai di leggerla, perché imbattersi in tanta libertà, in tanta audacia, in tanto amore per gli uomini del suo tempo (cioè noi) è cosa che rende sinceramente contenti. Che spazza via scorie, vecchie ossessioni, rancori, steccati. Che quindi ci fa davvero respirare. 



La prima cosa che colpisce è la libertà di papa Francesco. L’intervista spazia su tutto, non c’è domanda, anche la più spinosa, che resti elusa. Ma questo è il suo metodo: non sottrarsi mai davanti alla realtà, in quanto sa che l’amore a Cristo assicura all’uomo una libertà inimmaginabile. La libertà spalanca grandi spazi e il papa li percorre tutti, senza paura, anzi con il gusto di chi guarda con istintiva, irriducibile simpatia gli uomini e il mondo. Si scorge quasi una baldanza nell’inoltrarsi in tutti i territori dell’umano, anche in quelli da cui il buon senso consiglierebbe di tenersi lontano. 



D’altra parte il criterio a cui attenersi gli è molto chiaro, ed è quello che lui ha visto incarnato in un gesuita del ‘500, il Beato Pietro Favro. Quando l’intervistatore gli chiede che cosa l’abbia tanto segnato di quell’antico gesuita, sentite cosa risponde Francesco: «Il dialogo con tutti, anche i più lontani e gli avversari; la pietà semplice, una certa ingenuità forse, la disponibilità immediata, il suo attento discernimento interiore, il fatto di essere uomo di grande e forti decisioni, e insieme capace di essere così dolce, dolce…». 

La seconda cosa che colpisce è proprio quella parola appena evocata: discernimento. È una parola che il Papa deriva dalla spiritualità gesuitica e che lo guida nel modo di governare. Discernimento è il contrario dell’impulsività e dell’arbitrarietà. È analisi paziente dei fattori, è approfondimento nella conoscenza delle situazioni. «La sapienza del discernimento riscatta la necessaria ambiguità della vita e fa trovare i mezzi più opportuni, che non sempre si identificano con ciò che sembra grande e forte». Il discernimento è una condizione che rende fruttuosa la libertà. È infatti grazie al discernimento che il Papa può inoltrarsi su questioni spinose, può rispondere così a una persona che gli chiedeva se lui approvasse l’omosessualità: «Dimmi: Dio quando guarda a una persona omosessuale, ne approva l’esistenza con affetto o la respinge condannandola?». E poi il Papa spiega: «Bisogna sempre considerare la persona. Qui entriamo nel mistero dell’uomo. 



Nella vita Dio accompagna le persone e noi dobbiamo accompagnarle a partire dalla loro condizione… Quando questo questo accade, lo Spirito Santo ispira il sacerdote a dire la cosa più giusta». Il vero discernimento infatti, dice il Papa, avviene sempre nel Signore.

Infine la terza cosa che balza al cuore alla lettura dell’intervista è un senso incredibile di apertura. Il Papa rende l’idea in maniera efficacissima e molto personale quando spiega la sua scelta di non stare nell’appartamento del palazzo Apostolico. Dice: «L’appartamento non è lussuoso. È antico, fatto con buon gusto e grande. Ma alla fine è come un imbuto al rovescio. È grande e spazioso, ma l’ingresso è davvero stretto. Si entra con il contagocce, e io, no, senza gente non posso vivere. Ho bisogno di vivere la mia vita insieme agli altri». In questo modo raccontando di se stesso, del bisogno di essere nel mondo, il Papa suggerisce quello che dovrebbe essere la Chiesa: «È la casa di tutti, non una piccola cappella che può contenere solo un gruppo di persone selezionate. Non dobbiamo ridurre il seno della Chiesa universale a un nido protettore della nostra mediocrità». 

Ma questo richiamo all’apertura è cosa ben diversa da un generico appello all’accoglienza, e ai buoni sentimenti, al tenere semplicemente «le porte aperte». È un richiamo all’audacia, al coraggio. A trovare nuove strade. «A uscire da se stessa e andare verso chi non la frequenta, che se n’è andato o è indifferente… per portare la freschezza e il profumo del Vangelo». A concentrarsi sul fascino di ciò che è essenziale e necessario, senza trasformare in ossessione le questioni di carattere morale. 

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