Faceva una bella impressione ieri la barba rossa e ispida di Alessandro Sortino, giornalista cresciuto alla palestra delle Iene, sul palco dove si presentava il nuovo coraggioso palinsesto di Tv2000, la televisione dei vescovi italiani. Segno che le cose cambiano, che cambiano i linguaggi, che a volte i media si aprono.



Sortino è autore di un programma quotidiano, dal titolo “Siamo noi”, in cui porta in tv storie dal basso e dalle periferie, con lo stile tagliente e avvincente che gli conosciamo. Ma il motivo per cui ne parliamo è il promo della trasmissione che ha mostrato ieri al pubblico. Un breve video in cui si chiedeva a delle persone intercettate alla Stazione Centrale di Milano di rispondere a tre quesiti barrando una delle tre risposte possibili. Per una frase relativa alla difesa del lavoro si chiedeva se la fonte fosse Berlinguer, Marx o il catechismo (ed era quest’ultimo); oppure si chiedeva di indovinare quale trasmissione tra Masterchef, X-Factor e Rosario di Lourdes avesse il maggior audience (ed era quest’ultimo, tra lo stupore degli stessi interpellati).



Stupendo il claim finale: “La verità è sempre una sorpresa”. È una bellissima premessa che ridà dignità e slancio al lavoro giornalistico, che smette di essere sempre e solo ossessiva indagine su cosa c’è dietro, ma con più umiltà prova a scoprire e raccontare anche situazioni in cui conta molto di più il cosa c’è davanti. Cioè a lasciarsi “sorprendere” dalla realtà e dalle sue tante storie inattese.

Ma la categoria della “sorpresa” non è nuova in queste recenti settimane; ci è stata infatti sottoposta più volte, e con un’insistenza che certamente non può non richiamare la nostra attenzione, anche dal Papa. Ne ha parlato per la prima volta nella messa di Santa Marta del 13 ottobre; l’ha ripresa più volte negli interventi che hanno accompagnato il recente Sinodo sulla famiglia. Aveva detto a Santa Marta: «Dio è il Dio della legge, ma è anche il Dio delle sorprese. E anche al suo popolo, Dio ha riservato sorprese tante volte»; e poi: «non capivano che Dio è sempre nuovo; mai rinnega se stesso, mai dice che quello che aveva detto era sbagliato, mai; ma sorprende sempre».



Nel discorso conclusivo del Sinodo è tornato sul tema, elencando le quattro tentazioni da cui guardarsi: «La tentazione dell’irrigidimento ostile, cioè il voler chiudersi dentro lo scritto (la lettera) e non lasciarsi sorprendere da Dio, dal Dio delle sorprese (lo spirito); dentro la legge, dentro la certezza di ciò che conosciamo e non di ciò che dobbiamo ancora imparare e raggiungere». Chiara l’intenzione di Francesco: contro la logica degli schieramenti contrapposti e degli irrigidimenti sui temi del Sinodo, richiamare il fatto che è poi Dio a indicare la strada, ed è quasi sempre una strada che non era stata messa in preventivo.

E Dio non parla tanto proclamando verità, quanto attraverso le evidenze della realtà. Evidenze che poi incrementano l’esperienza della verità. Gli uomini di oggi non hanno bisogno di formule corrette per la propria vita; hanno bisogno di lasciarsi sorprendere. Perché solo la sorpresa ha quella forza che spazza via l’incrostazione dello scetticismo che segna il nostro tempo. E che intacca il cuore di tutti, compreso quello degli uomini più corretti.

Non è cosa solo di oggi, ma di sempre. Se pensiamo alla rassegnazione un po’ risentita che già si era impossessata dei discepoli di Emmaus, capiamo che la tentazione riguarda anche i “migliori”. Per cui davvero bisogna contare sulle “sorprese” di Dio, le uniche in grado di stanarci. Cosa che accadde a quei due, che, come documenta meravigliosamente Caravaggio (fece due versioni della Cena di Emmaus, due quadri che non si smetterebbe mai di guardare), per la sorpresa di vederselo davanti, quasi cadevano giù dalla seggiola.