È un testo acutissimo e severo, quello pronunciato da Papa Francesco a chiusura del Sinodo straordinario sulla famiglia. Le cinque tentazioni elencate colgono nel segno gli atteggiamenti in cui l’uomo – anche il migliore, animato da buona volontà, anzi proprio perché animato da buona volontà – non può non cadere se viene a mancare il baricentro, il fattore ultimo e centrale del Mistero divino.
«Irrigidimento ostile, buonismo distruttivo, tentazione di trasformare la pietra in pane o il pane in pietra, di scendere dalla croce, di trascurare il depositum fidei oppure la realtà»: in altri termini, la pretesa di produrre la salvezza con le proprie mani – intervenendo da destra o da sinistra secondo la propria concezione, educazione, ambiente. E, viceversa, proprio la presenza vivente del Salvatore, invocata nel discorso fin dal capoverso immediatamente successivo all’elenco delle tentazioni, può ridimensionarle, anzi trasformarle in cammino di edificazione nella comunione, sotto la guida del Papa, garante dell’unità. Al centro è la testimonianza, l’annuncio e la condivisione della bellezza e della gioia della vocazione familiare. «Le tentazioni non ci devono né spaventare né sconcertare e nemmeno scoraggiare», ha detto infatti il Papa.
Ma qui a Mosca sta succedendo esattamente il contrario: è la paura la prima caratteristica a farsi strada nella ridda di commenti susseguitisi nei giorni scorsi sui mass media in reazione agli avvenimenti del Sinodo romano. La paura di un nemico che ha assunto il volto della «civiltà europea», connotata da «valori specifici che anche in Europa solo cinquant’anni fa erano considerati scandalosi e addirittura criminali…». Da tempo si pensava così, in maniera unilaterale, della «gayropa», ma a farsi autorevolmente voce di questi timori è stato due giorni fa padre Vladislav Cypin, uno dei più noti storici della Chiesa: in un articolo (Popoli civilizzati e non) apparso sul sito www.pravoslavie.ru ha accusato apertamente il mondo della cultura e dell’informazione di voler diffondere anche in Russia una civiltà che ha come propria unità di misura «gay-parade di massa, unioni omosessuali, la legalizzazione dell’incesto, dell’eutanasia e del cannibalismo, mimetizzato con procedure mediche che portano il nome – nebuloso per i non professionisti – di “impiego di cellule staminali” per prolungare la vita, e altri esperimenti infernali del genere».
Il Sinodo sulla famiglia in Russia è passato come il «Sinodo sugli omosessuali». «Nezavisimaja gazeta» il 15 ottobre ha titolato: «Il Papa vuol riconoscere la famiglia non tradizionale. Il Sinodo cattolico è pronto a rivedere le posizioni della Chiesa verso divorziati e gay». Lo stesso tema è stato messo in primo piano in vari talk-show televisivi: ad esempio, il programma settimanale «Studio aperto», a Pietroburgo, ha intitolato l’ultima puntata «Vaticano o Sodoma?», presentando statistiche secondo cui il 90% della popolazione in Russia non crede che il Vaticano proponga valori cristiani autentici, e bersagliando di accuse padre Jurij Dorogin, domenicano della parrocchia di Santa Caterina, invitato come ospite a parteciparvi.
Siamo indubbiamente in presenza di una battaglia che raccoglie i consensi dell’opinione pubblica e va a braccetto con sentimenti nazionalisti e difesa della «via russa». Come meglio compattare un Paese in crisi di identità positiva se non facendo leva sulla paura, cioè creando un nemico all’esterno, in questo caso l’Europa? L’Europa che cospira contro l’unità del mondo slavo, l’Europa delle sanzioni, è anche l’Europa della catastrofe morale. La Chiesa cattolica, che nel pontificato di Benedetto XVI era vista come l’ultimo baluardo in Occidente contro lo sfascio, sembra oggi essersi svenduta alla modernità. Così anche la Chiesa ortodossa russa, che non sta vivendo i suoi giorni migliori, ha buon gioco nel mostrare che il Papa e il cattolicesimo non sono un’alternativa.
Ma in tutto questo manca la persona. Si parla in astratto di scandali e problemi senza voler vedere l’umanità sofferente e dissestata che ci interpella. In questa difesa di valori e principi mancano quelle «domande di fondo» a cui alludeva lucidamente Ernesto Galli Della Loggia sul «Corriere» qualche giorno fa, «il cuore stesso di ciò che è una religione monoteista e che alla fine non può non essere». Manca l’amore di Cristo che ci urge, per riprendere un’altra immagine dal discorso di Francesco, «a cercare di accogliere – con paternità e misericordia e senza paure – le pecorelle smarrite. Ho sbagliato, qui. Ho detto accogliere: andare a trovarle».